“Il confronto non c’è e il contratto dei lavoratori pubblici rimane una chimera”. Lo ha detto Michele Gentile, coordinatore del dipartimento settori pubblici della Cgil nazionale, in collegamento con Italia parla, su RadioArticolo1.

“A luglio, nell’unico incontro che abbiamo avuto con il ministro della Funzione pubblica, c’era l’impegno di effettuare alcune verifiche e poi, entro il 10 settembre, si sarebbe dovuto inaugurare il negoziato. Adesso, al di là della data, il problema è che manca ogni certezza in merito, e non sappiamo quando partirà la trattativa per il rinnovo dei ccnl”, ha osservato il dirigente sindacale.

“Su alcuni giornali si è parlato di contratto-ponte: per quanto ci riguarda, non sappiamo cosa significhi, è un’ipotesi che non esiste. Forse si allude a un rinnovo con pochi soldi e con nessuna normativa, magari in attesa di tempi migliori. In quel caso, si tratterebbe di un’operazione che non ha la benchè minima possibilità di andare in porto, nè di avere soggetti disposti a discuterne e a sottoscriverlo”, ha precisato l’esponente di corso Italia.

“Per rinnovare il ccnl, occorre individuare alcuni criteri fondamentali che servono per determinare le risorse necessarie. Di certo, i 300 milioni messi a disposizione dal governo per tre anni equivalgono a un incremento medio dello 0,4%, cioè assolutamente nulla. Entro il 14 ottobre, quando l’esecutivo dovrà emanare il nuovo quadro di riferimento generale in cui si colloca la legge di Stabilità 2017, ne sapremo di più. La partita economica è la più rilevante, per via della vacatio contrattuale di sette anni di tutto il settore, e considerando anche il monte salari dei lavoratori pubblici, di sicuro non elevato”, ha continuato il sindacalista.

“Un’altra questione importante riguarda la legge Brunetta: è una norma contro il lavoro e la contrattazione pubblica. Si parla tanto di produttività e di contrattazione decentrata, che però, ai lavoratori pubblici è resa di fatto impossibile, proprio in base alla ‘Brunetta’, perché prevede che i singoli datori di lavoro - ricordo ciò che è successo al Comune di Roma -, nel caso in cui non si raggiunga un accordo, possano, con atto unilaterale, decidere da soli come ci si organizza. In base alle famose tre fasce della legge, un quarto dei dipendenti non prende nulla, mentre la somma a disposizione viene divisa tra una quota minoritaria, che percepisce il 50%, e un’altra a cui va il 25. Quel che è sicuro, è che i lavoratori sono destinati a perdere soldi, non a incrementare le retribuzioni, e quindi è evidente che non possiamo parlare di contrattazione, se prima non si toglie di mezzo quella norma”, ha rilevato ancora il coordinatore Cgil.

“Oltretutto, anche all’interno della riforma Madia, dove sono in discussione una serie di decreti applicativi, il nuovo testo unico del pubblico impiego è praticamente quello di Brunetta, per noi assolutamente incompatibile con il rinnovo contrattuale. Se questo è il quadro di riferimento, ovvero la legge delega sul pubblico impiego, il nuovo ccnl non si farà. Il presidente del Consiglio ha detto che è finita la stagione del blocco dei contratti. Delle due, l’una: rinnovare i contratti con la ‘Brunetta’ significa non farli, ma aspettare l’abrogazione di quella legge, tramite il testo unico, vuole dire non solo tempi molto lunghi, ma nessuna certezza. Per questo, attendiamo da Renzi interventi economici e normativi che permettano effettivamente di aprire il tavolo”, ha concluso Gentile.