(Labitalia) - Partite Iva, contratti a termine, lavoro a chiamata, lavoro accessorio, apprendistato. Sono questi i punti della riforma del mercato del lavoro del governo su cui i consulenti del lavoro chiedono al Parlamento di intervenire "per rendere quanto più efficace e produttivo il disegno di legge che mira a modificare sostanzialmente le regole poste a base del mondo del lavoro", come si legge in una nota del Consiglio Nazionale dell'Ordine (Cno). E' stata la stessa presidente del Cno Consulenti del lavoro, Marina Calderone, a sottolineare nei giorni scorsi alla Commissione Lavoro, alcune delle criticità che dovrebbero trovare soluzione con il percorso parlamentare.

In particolare, per quanto riguarda le partite Iva "tutto ruota attorno al meccanismo di conversione automatica del rapporto, 'salvo che sia fornita la prova contraria da parte del committente', con un approccio che penalizza qualsiasi rapporto di lavoro diverso dal 'tempo pieno e indeterminato'. Le distorsioni e gli illeciti si devono contrastare -continua la nota dei professionisti- non con norme presuntive, ma con accertamenti effettivi che invertano l'onere della prova. Il mantenimento dell'articolato così come è pervenuto al Senato -insistono i consulenti- potrebbe comportare l’effetto perverso negativo per l'occupazione, con la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, scaturente dal timore di tali conversioni forzose".

Per i consulenti del lavoro un altro intervento compreso nella riforma che "potenzialmente" potrebbe scatenare un aumento del numero dei disoccupati è quello sui contratti a termine, "la cui penalizzazione rende rigido il mercato e non incentiva i datori di lavoro ad assumere". Da un'indagine della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro l'80% degli imprenditori intervistati non intende più dare seguito a questa forma di contratto, a causa dell'aumento dei costi e delle introdotte rigidità. "E' dunque indispensabile -sottolineano i professionisti- intervenire con modifiche dando spazio a maggiore flessibilità".

Sul lavoro 'a chiamata', i consulenti del lavoro parlano di "norma incoerente"
anche "perché introduce una misura sanzionatoria del tutto sproporzionata (da 1.000 a 6.000 euro) per l'omessa comunicazione". Insomma, "si tratta di novità -aggiungono- che penalizzano tutti i settori ad attività stagionale o, comunque, discontinua" e "che non vanno nella direzione nè delle imprese nè dei giovani lavoratori". Occorre poi "ampliare la platea dei soggetti del lavoro a chiamata; a semplificare le procedure di notifica della chiamata, con eliminazione degli adempimenti inutili; azzeramento delle sanzioni amministrative per omessa comunicazione".

La norma sul lavoro accessorio invece "rischia di essere comunque ininfluente
in termini di ricadute occupazionali significative". "Discutibile la scelta di escludere dalle prestazioni di lavoro accessorio gli imprenditori commerciali e i professionisti, autorizzando le pubbliche amministrazioni al ricorso all’istituto: l'inclusione degli imprenditori commerciali e dei professionisti tra i soggetti autorizzati darebbe invece un grande impulso al lavoro accessorio con conseguente spinta occupazionale".

I consulenti del lavoro chiedono modifiche anche sull'apprendistato
. "Con questa disposizione -aggiungono i professionisti- si introduce un ingiustificato limite di accesso al contratto di apprendistato che si pone in contraddizione con la finalità della riforma che lo individua come il principale contratto di ingresso nel modo del lavoro. D'altronde, l’esistenza di un limite numerico rispetto alle maestranze specializzate già assicura un contenimento di eventuali abusi. L'introduzione di questo ulteriore limite rischia, per penalizzare l’azienda, di non consentire l’ingresso nel mondo del lavoro da parte dei giovani".

"Le novità introdotte sono da ritenersi insufficienti
-continuano i consulenti del lavoro- per il vero sviluppo del contratto di apprendistato che in questi anni è rimasto bloccato dall'eccessiva burocratizzazione della sua gestione, caratterizzata da una frammentata e disincentivante regolamentazione regionale. E' necessario che il Parlamento intervenga per ridurre il citato limite percentuale, anche con delega alla contrattazione collettiva dell'individuazione delle percentuali di conferma dei contratti di apprendistato".