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Il 2012 non sarà l'anno dell'uscita dell'Italia dalla grande crisi. La pessima previsione è stata resa nota oggi (26 luglio) dal centro studi di Confindustria. Lo scenario globale, infatti, "è ulteriormente peggiorato". E in Italia "la diminuzione del Pil proseguirà. Il secondo trimestre si è chiuso con tutti gli indicatori congiunturali in ribasso, soprattutto i nuovi ordini, annullando le probabilità di rilancio nella seconda meta' dell'anno". I tacnici di Palazzo Koch, lo scrivono nella Congiuntura flash.
Eppure "c'è qualche timido segnale di rallentamento della flessione a partire dall'estate inoltrata". Ma "quasi tutto ora dipende dall'evoluzione del quadro in Eurolandia, che sempre più appare intrappolata in una spirale depressiva, a causa non tanto di aggiustamenti ineluttabili (sgonfiamento delle bolle immobiliari, riduzione della leva delle banche, più parsimonia delle famiglie) quanto dell'incertezza e dei danni che la gestione europea della crisi provoca, tra l'altro con politiche di risanamento troppo restrittive".
Partita dalla periferia, la contrazione dell'attività economica "ha ormai coinvolto le economie core". La Bce, osservano gli economisti di Viale dell'Astronomia, "agisce in misura limitata sia con gli strumenti ordinari (tassi) sia con quelli straordinari (acquisto diretto di titoli di Stato), per vincoli politico-culturali più che istituzionali". Dall'Eurozona le onde recessive "si allargano al resto del mondo, che di per sé non gode di ottima salute".
Tornando all'Europa, "il ribasso del cambio dell'euro aiuta la competitività rispetto ai concorrenti che hanno monete agganciate al dollaro, ma ha origine maligna nell'estrema debolezza dell'Eurozona". I prezzi delle materie prime "restano elevati, sostenuti dalla richiesta degli emergenti, e comprimono i margini delle imprese".
"Il progressivo deterioramento delle prospettive occupazionali – inoltre - è confermato dalle attese delle imprese, che pure proseguono nel tentativo di salvaguardare il capitale umano". Secondo Confindustria, non si svuota, infatti, il bacino di persone in cig, che è stato stimato dal pari a 370mila unità di lavoro standard in giugno (+36,2% rispetto all'agosto 2011).
Per l'uscita dalla crisi, quindi, “quasi tutto ora dipende dall'evoluzione del quadro in Eurolandia, che sempre più appare intrappolata in una spirale depressiva, a causa non tanto di aggiustamenti ineluttabili quanto dell'incertezza e dei danni che la gestione europea della crisi provoca, tra l'altro con politiche di risanamento troppo restrittive'. Il centro Studi di Confindustria, poi, sottolinea come l'azione della Bce sia frenata "da vincoli politico-culturali più che istituzionali".
Csc, infine, sottolinea che è "sempre più rapida l'involuzione della congiuntura nell'Eurozona", anche perché "le misure finora adottate non riescono ad arrestare il peggioramento, anzi aumentano l'incertezza". "Gli spread- spiegano- sono così saliti ancora e lo scudo nell'assetto attuale è inadeguato. La dilazione concessa alla Spagna per cogliere gli obiettivi di bilancio non cambia l'impostazione immediatamente restrittiva delle politiche di risanamento e non coniuga il rigore con la crescita". Inoltre, "la domanda interna nei Piigs è soffocata dal credit crunch e dalle violente riduzioni nei deficit pubblici, con ricadute che si irradiano visibilmente ai paesi core".