Il partito comunista cinese ha apparentemente risolto una potenziale, pericolosissima crisi sulla censura della stampa nel Guangzhou, attraverso un compromesso che ha persuaso i giornalisti del Southern Weekly di tornare al lavoro.

I giornalisti del giornale di Guangzhou avrebbero infatti acconsentito a interrompere lo sciopero dopo un incontro con Hu Chunhua, capo del partito della provincia, intervenuto per mediare.

Secondo quanto riferisce il South China Morning Post, da fonti vicine al giornale si è appreso che durante l'incontro Hu avrebbe lasciato intendere che Tuo Zhen - il capo della propaganda accusato di essere colui che ha obbligato il cambio dell'editoriale incriminato - sarebbe stato presto rimosso, anche se non immediatamente per 'salvare la faccia'.

I dettagli dell'accordo, però, non sono stati ancora resi noti, anche perché i giornalisti del Southern Weekly hanno detto che non è stato loro permesso di parlare con i media stranieri e di non voler discutere il caso per evitare di aggravare la
situazione.

La crisi era scattata dopo che i giornalisti si erano infuriati quando l'ufficio di propaganda aveva costretto ad effettuare alcune modifiche nell'editoriale dell'edizione del primo dell'anno, includendo lodi al partito comunista e cambiando il titolo di apertura. Ieri, per il secondo giorno consecutivo, oltre 100 manifestanti si sono riuniti davanti all'ufficio del giornale a Guangzhou chiedendo la fine di tali forme di censura.

La decisione dei giornalisti
di tornare al lavoro arriva mentre ci sono segnali secondo i quali le autorità centrali potrebbero dare la colpa di quanto accaduto a “forze ostili esterne alla Cina”: ipotesi questa che è stata ripresa da diversi media cinesi. In particolare viene fatto un chiaro riferimento all'attivista cieco Chen Guancheng, che dagli Stati Uniti, dove si trova, avrebbe appoggiato e incitato le proteste dei giornalisti cinesi.