"Siamo tornati al XV secolo, quando le donne venivano arse vive, il massacro delle donne non conosce tregua. Oggi a Lucca è morta Vania Vannucchi, dopo essere stata data alle fiamme da un ex; Rosaria Lentini, a Caserta, è stata uccisa a coltellate dal compagno. Un contatore che non si ferma". Ad affermarlo in una nota è Loredana Taddei, responsabile politiche di genere della Cgil nazionale.

"Le donne vengono esortate dalla politica e dalle forze dell'ordine a denunciare - osserva Taddei - ma nel frattempo molti centri antiviolenza chiudono, molti altri sono a rischio chiusura, perché non si sbloccano i fondi, perché i finanziamenti non arrivano o arrivano talmente in ritardo da metterli in ginocchio. Nonostante le ripetute denunce di associazioni e sindacati".

Per la responsabile Cgil "non basta fare le leggi, bisogna poi applicarle". "Siamo ancora in attesa che venga applicata la Convenzione di Istanbul in ogni sua parte - osserva ancora Taddei - Dei finanziamenti stanziati dalla legge del 2013 sul femminicidio, una volta arrivati nelle casse regionali, nella maggior parte dei casi, si è persa traccia. Il problema è che le misure di questo governo contro la violenza, oltre alle reazioni estemporanee di indignazione e al cordoglio per i familiari delle vittime, sono scarsamente finanziate, improntate a sicurezza, emergenza, ordine pubblico".

Allora, continua Taddei "bene le cabine di regia e l'attivazione del Comitato interistituzionale per dare attuazione al piano antiviolenza, ma non basta. Bisogna agire in fretta e attuare misure efficaci di contrasto alla violenza, e la prima cosa fare è, appunto, non chiudere i centri antiviolenza, che ad oggi sono la miglior risposta sul fronte della tutela".

Anche la prevenzione è determinante, secondo la dirigente sindacale, perché "la violenza maschile sulle donne non è un fatto privato, ma un tema politico che nasce dalla disparità fra i sessi e dalle discriminazioni, dal linguaggio, da una scuola che non ne parla. L'arretratezza in cui ci muoviamo è la causa della tragedia del femminicidio, delle violenze fisiche e psicologiche. Ne è prova anche la reticenza degli uomini a prendere la parola, e a continuare a consideralo un problema di qualche maschio violento o malato, non di un sistema, che dunque, non li riguarda. Sarebbe invece ora che scendesero in campo".