Una giornata particolare quella scelta dalla Cgil per oggi, giovedì 29 settembre. È dedicata ai diritti del mondo del lavoro. I diritti conquistati lungo oltre un secolo di storia. Quelli oggetto di attacchi e ridimensionamenti. Quelli ancora sconosciuti per un esercito di giovani precari. Quelli da conquistare attraverso un nuova “Carta dei diritti universali”. Saranno presenti a Roma, in piazza del Popolo, lavoratori provenienti da tutta Italia. Sarà un appuntamento all’insegna dell’impegno e della festa. Perché ruota attorno a due eventi precisi. Uno riguarda proprio il “compleanno” della Cgil, giunta a 110 anni di età. L’altro sarà segnato la mattina dall’incontro tra Susanna Camusso e la presidente della Camera Laura Boldrini per la consegna delle firme raccolte proprio a sostegno della “Carta dei diritti”.

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S.Iucci

Un atto solenne che fa seguito alle firme depositate in Cassazione, lo scorso 1° luglio, relative ai tre referendum proposti per abrogare l’ondata di voucher e per ripristinare il diritto al reintegro in caso di licenziamento illegittimo, nonché la responsabilità solidale negli appalti. Sarà così anche l’occasione per ricordare, magari ripercorrendo la mostra curata da Ilaria Romeo e dedicata a Luciano Lama, quante lotte, quanti sacrifici, quante sofferenze sono costati i diritti affermati lungo i 110 anni di vita della Cgil. Non certo regali concessi da imprenditori avveduti e da governi amici. Ricordo bene quell’autunno caldo del 1969, quando i metalmeccanici guidati da Trentin, Carniti e Benvenuto riuscirono a conquistare obiettivi fondamentali. Come quelli relativi a orari e salari, come quelli relativi alla possibilità di organizzare assemblee in fabbrica, con la partecipazione di dirigenti sindacali esterni.

Carta: Intervista a Camusso (VIDEO)G.Iocca
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Un modo per affermare il ruolo del sindacato, poi rinsaldato con la nascita dei consigli dei delegati. No, non è stata una passeggiata. I metalmeccanici delle aziende private dovettero scioperare per un totale di 184 ore (fonte Corriere della Sera, 22 dicembre 1969). Non mi è facile dimenticare quella mattinata del 12 dicembre 1969, mentre erano in corso le trattative per il rinnovo del contratto al ministero del Lavoro in via Flavia, a Roma. In quella sede io ero presente in qualità di cronista de l’Unità, quando giunse la notizia che a Milano, in piazza Fontana, una bomba aveva provocato una terribile strage. Con una conseguente stringata discussione tra i componenti delle delegazioni sindacale sul da farsi. Perché quella bomba apparve fin da subito un avvertimento sanguinoso.

Il testo della Carta (pdf)
Lo speciale di Rassegna

Una storia, quella dei diritti, aspra e difficile. Anche quell’occasione drammatica ebbe però sviluppi importanti. Il contratto fu firmato e quelle prime conquiste poi trovarono uno sbocco legislativo nello Statuto dei lavoratori redatto dal ministro socialista del Lavoro Giacomo Brodolini con l’ausilio di Gino Giugni. E che prevedeva (e per fortuna prevede ancora) la tutela della salute, il diritto allo studio, il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa, il riconoscimento delle Rappresentanze sindacali aziendali (Rsa) e la repressione dell’eventuale condotta antisindacale dei datori di lavoro.

Tutto è cominciato, però, in epoche ancora più lontane. C’è un tempo, nell’Ottocento, quando il mondo del lavoro comincia a organizzarsi attraverso le Leghe. Allora se ti ammali non sei pagato, le paghe sono misere, gli infortuni sul lavoro sono senza limiti e la maggioranza della popolazione è analfabeta. Scoppiano così i primi scioperi e nascono le prime Leghe di mestiere. Fino alla nascita nel 1906 di quella che si chiama CGdL, poi divenuta Cgil. Una delle prime tappe nella storia dei diritti la troviamo proprio nel 1906 nell’accordo firmato all’Itala di Torino. Parla di riduzione dell'orario di lavoro, di minimi salariali, di riconoscimento delle Commissioni interne, di controllo del collocamento.

Cala poi la cappa del ventennio fascista, ed è una cappa di silenzio sui diritti. Quando l'Italia viene liberata, la Cgil di Di Vittorio, dopo l’assassinio di Bruno Buozzi, riesce a firmare accordi che annullano gran parte delle norme fasciste e disciplinano istituti come scala mobile, licenziamenti, cassa integrazione guadagni. Ricomincia l'impegno sindacale e trova un riconoscimento altissimo in una Costituzione “fondata sul lavoro”. Con un articolo 36 che afferma il "diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa". Avete letto bene: "libera e dignitosa". Oggi che si parla tanto di riforma della Costituzione bisognerebbe parlare anche di "attuazione della Costituzione", magari a proposito di giovani precari o dei "nuovi schiavi" presenti nelle piantagioni del Mezzogiorno.

Ma anche altre conquiste contrassegnano quegli anni. Il congedo di maternità pagato, il diritto alle ferie e al riposo, le pensioni, il diritto di poter scioperare senza essere licenziati, il diritto alla casa, le otto ore lavorative, l'esenzione dal lavoro notturno delle donne e dei fanciulli, il diritto alla mensa. Sono gli anni rievocati da Antonio Pizzinato nel suo libro di memorie “Viaggio al centro del lavoro”. Sono gli anni delle mondine spedite nelle risaie piemontesi e dei loro canti di lotta: Sciur padrun da li béli braghi bianchi, fora li palanchi, fora li palanchi”. Altri tempi, non c’è dubbio. Ma c'è chi ogni giorno vuol far tornare indietro la storia. Soprattutto quella dei diritti. Come nel gioco dell'oca.

C’è chi intende ripercorrere all'indietro un cammino tortuoso di 110 anni. La Cgil invece vuole andare avanti, ripercorrere e riscrivere quel che si è perduto, quello che si è trasformato e quello che manca al lavoro moderno, anche a quello di industria 4.0, con i suoi operai chiamati a una partecipazione più alta e difficile. Certo, oggi per il sindacato la battaglia incontra serie difficoltà. Nascono da rapporti unitari ancora fragili. Da una stagione economica contrassegnata da crisi persistenti e da una situazione produttiva immiserita e frammentata. Quel tempo in cui fu possibile lo Statuto di Di Vittorio, Brodolini e Giugni, era un tempo in cui grandi organizzazioni politiche sostenevano le sfide di Cgil, Cisl e Uil. E gli obiettivi erano accompagnati da forti e unitari movimenti di lotta.

Oggi il movimento è costretto spesso sulla difensiva, attorno a fabbriche dismesse o a interi contratti bloccati. Mentre l’interlocutore politico governativo spesso evita perfino il dialogo con il sindacato (anche se in queste settimane sembra pentirsi di tale atteggiamento). La Cgil comunque, con questo 29 settembre, non si limita a ricordare o ad aspettare. Alza il tiro. Sarà rispettata quella massa enorme di firme provenienti dalle forze più attive e più oneste della società, donne e uomini del mondo del lavoro? Sarà possibile varare una legge di iniziativa popolare ridando spazio al ruolo del lavoro? La sfida è grande. Perché un diniego, una mancata risposta non farebbe che aumentare delusioni e sfiducia in una parte grande della società italiana.

Ecco perché, come hanno sottolineato i dirigenti della Cgil, la battaglia non si arresterà oggi in piazza del Popolo. Dovrà poter continuare, allargando la cerchia delle alleanze, costruendo un blocco sociale favorevole. La posta in gioco è assai ambiziosa. La sconfitta sarebbe un danno per il Paese e anche per quelle forze politiche che non intendono ripudiare le loro radici nel mondo del lavoro.