Le morti sul lavoro cancellano o compromettono ogni anno la vita di centinaia di lavoratori. Le norme italiane puntano sulla prevenzione, ma la Cgil non ha dubbi: le recenti modifiche del Jobs Act introducono parecchie zone d'ombra. Il sindacato, infatti, disapprova lo stop all’obbligo di tenuta del Registro infortuni, la modifica dell’impianto sanzionatorio, la riduzione dei componenti sindacali in Commissione consultiva, la non applicazione delle tutele ai lavoratori con i voucher, e altri “alleggerimenti” nella fase di formazione che appaiono temibili passi indietro.

Il seminario di studio “Dal Testo Unico al Jobs Act, come cambia la legislazione su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”, tenutosi mercoledì 9 febbraio nella Sala Russo della Camera del lavoro di Catania, ha evidenziato i punti chiave delle modifiche. Numerosi gli intervenuti: il segretario confederale Cgil Catania Claudio Longo (che ha coordinato i lavori), il segretario generale Cgil Catania Giacomo Rota, Massimo Malerba (Dipartimento Salute e sicurezza Cgil Catania), Domenico Amich (direttore Ispettorato provinciale del lavoro), gli ingegneri Enzo Maci e Sebastiano Trapani (anche presidente Aias), Vincenzo Cubito (direttore Inca Cgil), Vito Leocata (medico legale Inca), l'ingegnere Luigi Di Mauro (Coca Cola), Daniele Maugeri (Report Rlst) e il responsabile nazionale del Dipartimento Salute e sicurezza della Cgil Sebastiano Calleri.

Di “trend negativo” e “rialzo” delle morti sul lavoro in Italia ha parlato il direttore dell’Ispettorato provinciale del lavoro Domenico Amich. Sono state ben 678 nel 2015, escluse quelle avvenute sulla strada. E se nel febbraio 2015 erano 61 (dati nazionali), nel febbraio 2016 ne sono già state registrate 83. “Il lavoratore è sempre più ricattato” ha sottolineato: “Ha sempre meno spazio per rifiutare un lavoro, soprattutto se è avanti negli anni. Le percentuali sono impietose: abbiamo il 37 per cento dei morti in agricoltura, il 23 in edilizia, l’11 nel settore industrie, il 9 nei trasporti e un 20 per cento indifferenziato che va esaminato caso per caso”.

L’ingegnere Enzo Maci ha rimarcato che “i punti deboli della sicurezza sono messi in evidenza dagli infortuni che ogni anno vengono riassunti dai dati Inail”. La cultura della sicurezza “andrebbe iniziata dalla scuola elementare, se non dal nido, per evitare che appunto permangano lacune legislative. Percorsi formativi semplici destinati ai lavoratori sono insufficienti per un’adeguata formazione”.

Per la Cgil, il rischio che infortuni e malattie professionali siano destinati ad aumentare è concreto. Ma è stato il responsabile nazionale del Dipartimento Salute e sicurezza della Cgil Sebastiano Calleri a evidenziare almeno quattro punti del Jobs Act che il sindacato giudica “pericolosi”. Partirei dal demansionamento, ha detto Calleri: “Durante le relative procedure, il lavoratore può essere adibito a una nuova produzione o all'uso di una macchina per cui non è stata fatta formazione specifica. Il classico esempio è quello dell'impiegato che viene messo in linea di produzione, operando con mezzi di cui non conosce l'uso”.

C’è poi la questione voucher. “Per alcuni dei lavoratori impiegati attraverso questa formula – ha spiegato – è prevista la non applicazione delle tutele sullo stato di sicurezza della legislazione conseguente”. Sul fronte della video-sorveglianza, il responsabile Cgil nazionale ha evidenziato come “oggi sia possibile effettuarla senza alcun controllo nei confronti dei lavoratori con gli strumenti, dal tablet al telefonino, messi a disposizione direttamente dall'azienda”. Riguardo l’ultimo aspetto, quello dell’abolizione del Registro infortuni, secondo Calleri “sarà sempre più difficile ricostruire gli incidenti all'interno delle aziende e le storie sanitarie dei lavoratori per riconoscere loro un infortunio o una malattia professionale, anche in relazione agli indennizzi Inail. Anche questa è una norma da cambiare”.

Massimo Malerba, del Dipartimento Salute e sicurezza della Cgil Catania, ha aggiunto che "il Registro infortuni era già stato abolito nel 2008, ma in previsione di introdurre un sistema informatizzato, il Sinp, mai avviato”. Un’altra criticità, ha continuato, è rappresentata “dal fatto che, a causa del Jobs Act, i datori di lavoro nelle aziende superiori ai cinque dipendenti possono rivestire il ruolo di addetti alla prevenzione nel sistema di antincendio ed evacuazione. Se ciò andava bene nelle piccole aziende familiari, in quelle medie diventa più complesso”. Infine, le sanzioni: “Sono state alleggerite quelle multiple e quelle relative al lavoro irregolare, salvo che per stranieri e i minori”.

Ma il seminario è servito anche a lanciare il Coordinamento provinciale degli Rls e Rlst della Cgil. “Creare il Coordinamento consentirà continuità e costanza nell'azione” ha concluso il segretario confederale Cgil Catania Claudio Longo: “La situazione oggi ci impone una legge più attenta, meglio ancora rigida. Voglio però lanciare una provocazione: anche se ci fosse la migliore legge del mondo, se non partiamo dal rispetto di una vera cultura sulla sicurezza, sulla prevenzione e sulla salute, ci abituiamo all'idea che tutto quello che diventa legge deve di fatto diventare regola. Se questo non accadrà, vanificheremo qualunque legge”.