Oggi, sabato 24 febbraio, la Cgil parteciperà a Roma, insieme ad altre 22 organizzazioni, alla manifestazione nazionale “Mai più fascismi, mai più razzismi”. “Diamo vita insieme a Roma, capitale della Repubblica nata dall’antifascismo e dalla Resistenza, a una manifestazione che dev’essere davvero grande, popolare, pacifica, partecipata, patrimonio di quanti hanno a cuore l’inalienabile valore della libertà – recita la prima parte della nota diffusa dal Comitato Mai più fascismi –. Lo chiediamo a tutte le persone, ai lavoratori e alle lavoratrici, ai giovani, alle ragazze, agli anziani, alle famiglie, alle comunità, indipendentemente dalle opinioni politiche, dal credo religioso e dai luoghi di provenienza (leggi qui la versione integrale della nota)”.

Non è certamente la prima volta che la Cgil è in prima linea nella difesa dei valori antifascisti. “Perché abbiamo combattuto contro i fascisti e i tedeschi – diceva nell’aprile 1978 Luciano Lama –? Perché abbiamo rischiato la vita, perduto, nelle montagne e nei crocevia delle nostre campagne, nelle piazze delle nostre città migliaia dei nostri compagni e fratelli, i migliori? Perché siamo insorti, con le armi, quando il nemico era più forte di noi? Noi abbiamo lottato allora per la giustizia e per la democrazia, per cambiare l’Italia, per renderla libera. …

Per l’allora segretario generale della confederazione di corso d’Italia, l’obiettivo era “sconfiggere nella coscienza dei lavoratori e del popolo ogni tentazione al disimpegno, da qualunque parte essa venga. … Oggi, in un momento drammatico della nostra storia, guardiamo con grande preoccupazione al presente e ricordiamo con giusta fierezza, anche se senza trionfalismo, la lotta di trent’anni fa. … I giovani devono crescere con questi valori, e sapere che la nostra generazione, pur con tutti i suoi limiti ed errori, ha creduto in qualche cosa e continua a crederci ed è capace di sacrificarsi e continua a sacrificarsi per questi valori” (LEGGI TUTTO).

Il 25 aprile del 1946, in occasione del primo anniversario della Liberazione, era Giuseppe Di Vittorio ad affermare: “Il popolo italiano ha celebrato il primo anniversario della conclusione vittoriosa dell’insurrezione nazionale, che costituisce una delle pagine più significative e gloriose della storia d’Italia. L’aspetto più saliente e nuovo della vittoria italiana del 25 aprile non è tanto nel fatto in sé della liberazione del nostro Paese dal feroce invasore tedesco e dai suoi tristi complici italiani, quanto nel fatto che questa memorabile vittoria è stata conseguita dagli stessi italiani, dalle masse profonde del nostro popolo”.

È soprattutto qui il motivo che fa del 25 aprile 1945 una data completamente differente da tutte le altre: perché la Liberazione, sempre a giudizio del leader sindacale, ha chiuso definitivamente una fase della storia d’Italia e ne ha aperta una nuova, della quale le masse popolari italiane sono l’autentico protagonista. “L’insurrezione vittoriosa di tutto il popolo dell’Italia del Nord – proseguiva Di Vittorio – realizzò la premessa essenziale della rinascita e del rinnovamento democratico e progressivo dell’Italia, come della sua piena indipendenza nazionale. È per noi motivo di grande soddisfazione ricordare che a questo movimento di riscossa nazionale, il contributo più forte e decisivo fu portato dai lavoratori italiani”.

Sì, perché furono gli operai, i contadini, gli impiegati e i tecnici a costituire “la massa e il cervello delle gloriose formazioni partigiane e di tutti i focolai di resistenza attiva all’invasore tedesco”. “Chi può dire – si chiedeva il segretario generale della Cgil – se la clamorosa vittoria del 25 aprile sarebbe stata possibile, senza gli scioperi generali grandiosi che, dal marzo 1943, si susseguirono, a breve distanza, sino al 1945? Quegli scioperi, che contribuirono fortemente a paralizzare l’efficienza bellica del nemico e a sviluppare la resistenza armata, costituiscono un esempio unico e glorioso di lotta decisa dalla classe operaia sotto il terrore fascista, sotto l’occupazione nazista e in piena guerra”.

Un esempio “che additava il proletariato italiano all’ammirazione del mondo civile! I lavoratori italiani, manuali e intellettuali, non dimenticano. Essi hanno piena coscienza di essere stati il fattore determinante della liberazione dell’Italia, per opera degli italiani; della salvezza. Dell’onore dell’Italia e dell’attrezzatura industriale del Nord. Essi sono consapevoli dell’obbligo che si sono assunti di essere un pilastro basilare della nuova Italia democratica. Solidamente uniti nella grande Confederazione generale italiana del lavoro, i lavoratori italiani saranno all’altezza della loro funzione di forza coesiva dell’Italia rinnovata; della forza che assicurerà stabilità e ordinato progresso al nuovo regime democratico e che assicurerà al popolo italiano la libertà, il benessere e una più alta dignità civile e umana” (1). Perché la Cgil antifascista lo è oggi, lo sarà domani, lo è stata da sempre.

(1) Da “Il Lavoro”, 27 aprile 1946

Ilaria Romeo è responsabile Archivio storico Cgil nazionale

 

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