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"Il 20 ottobre dobbiamo dare voce al mondo del lavoro che appare invisibile, costretto a mettere a rischio se stesso perché il governo lo ignora”. Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, riassume con queste parole le ragioni che hanno indotto la confederazione di corso d’Italia a organizzare la manifestazione di sabato 20 ottobre a Roma (“Prima di tutto il lavoro!”). Un appuntamento importante, pensato proprio con lo scopo di riunificare le centinaia di vertenze ancora senza soluzione e per aprire un dialogo e un’azione comune tra tutti i soggetti che sono stati colpiti dalla crisi economica e che rischiano di rimanere isolati.
“Intendiamo dar voce ai dipendenti delle aziende in crisi, che attendono risposte che non arrivano: dal Sulcis a Taranto, alla Sicilia – prosegue Camusso –. La voce degli esodati che sono senza lavoro, senza pensione e senza reddito, per un’ostinazione dell’esecutivo Monti a non ammettere gli errori anche tecnici della legge Fornero. La voce di milioni di precari che la legge non solo non stabilizza, ma mette a rischio di essere confermati. Quella dei giovani e delle donne che non trovano lavoro, perché non si fanno interventi positivi per l'occupazione. La voce di chi stava per andare in pensione e deve restare altri anni a svolgere un lavoro faticoso e mal retribuito. Quella dei pensionati colpiti dall’aumento delle tasse dirette e indirette. La voce infine di chi il lavoro ce l’ha e non riesce a rinnovare il proprio contratto e recuperare il potere d’acquisto del proprio salario”.
Rassegna Alcoa, Ilva, Lucchini, Vinyls, Carrefour. L’autunno sta proponendo nel paese una mappa sempre più nutrita di vertenze…
Camusso Sono spesso vertenze difensive: difendono il lavoro, la sua cultura, il suo valore. Difendono diritti di base: il bisogno di ciascuno di avere certezze sul proprio futuro e una retribuzione accettabile per la propria famiglia. Troppo spesso si dimentica che anche chi lavora stabilmente oggi può trovarsi in una situazione di povertà. La crisi e la recessione sono il nemico da battere: su questo vogliamo dal governo risposte che avviino la crescita. Fino a questo momento non ci sono state.
Rassegna E intanto si assiste alla scomparsa di pezzi importanti di tessuto industriale.
Camusso È l’intero sistema industriale italiano, manifatturiero e non, a essere in grave difficoltà. Non si tratta più di casi aziendali isolati. Ma di interi settori che si sono trovati senza prospettiva: l’energia, l’edilizia, il trasporto merci, la logistica, la cantieristica, l’arredamento, l’auto. L’elenco purtroppo è lungo e desolante. Si tratta di situazioni spesso molto diverse fra loro, ma ci sono dei tratti comuni ormai visibili. La recessione, con il conseguente blocco degli investimenti e dei consumi, la mancanza di una politica industriale che promuova la ricerca e l’innovazione, la dimensione media troppo piccola della maggioranza delle nostre imprese, diseconomie esterne alla produzione. Ci sono state anche scelte sbagliate compiute da alcune imprese, che hanno preferito non investire in prodotti nuovi e cercare spazi di mercato svalutando il lavoro.
Rassegna Parli con insistenza della necessità di una stagione che rompa con il liberismo. La Cgil non lo fa da oggi: già otto anni fa in occasione dello sciopero generale “contro il declino” partirono le accuse di disfattismo. Che effetto fa stare “dalla parte della ragione”?
Camusso Il liberismo oggi si esprime attraverso la politica del rigore. Una scelta imposta ai popoli europei nella convinzione – o nella speranza – che la crescita venga da sola. Invece il rigore non produce crescita e di solo rigore si può morire: che per un paese significa fallire, uscire dall’Euro, avere milioni di disoccupati in più. Il liberismo è una ricetta sbagliata. Purtroppo sembra l’unica conosciuta da molti governi europei, compreso il nostro. La Cgil non smetterà di denunciare queste scelte di politica economica. Per fortuna cresce il numero di coloro che lo fanno: intellettuali, economisti e sindacati dell’Unione europea.
Rassegna A migliorare lo scenario da te descritto, non aiuta di certo la legge di stabilità presentata dal governo. Tutta da buttare? Non ritieni che vadano in controtendenza misure come quelle relative all’avvio del fondo esodati e all’utilizzo del gettito della Tobin Tax?
Camusso Controtendenze da verificare e troppo fragili per controbilanciare il segnale forte che dà questa legge finanziaria: ulteriori tasse e tagli che renderanno gli italiani più deboli, più poveri e meno assistiti. Non è un caso che persino all’interno della “strana maggioranza” si siano sollevate voci di dissenso. Ci aspettavamo un segno a favore dell’economia reale, abbiamo avuto un’ulteriore penalizzazione dei redditi dei soliti noti: lavoratori, pensionati. Per non parlare degli inaccettabili tagli alla legge 104 e a chi assiste le persone disabili.
Rassegna Anche su contrattazione e rappresentanza si vive una fase di evidente impasse.
Camusso Il governo Monti, quando ci chiede nuove regole per contrattare il salario, lo fa perché intende colpire il contratto nazionale di lavoro e le retribuzioni. Mentre il protocollo del 28 giugno lo vuole rafforzare. Noi siamo per dare applicazione a quel protocollo su rappresentanza e contrattazione. Se al contrario si pensa di sventolare in Europa un accordo sulla riduzione delle retribuzioni e del peso della contrattazione, vuol dire che su quell’accordo non ci sarà la firma della Cgil.
Rassegna Che ruolo gioca in questo momento di crisi la politica?
Camusso Nella crisi c'è chi rimette in discussione il ruolo della rappresentanza. Per questo abbiamo messo questo tema al primo posto fin dall'accordo del 28 giugno. Non solo per noi, ma anche per le imprese e il loro sistema di rappresentanza. La rappresentanza politica ha perso radicamento e partecipazione. L'autoreferenzialità che ne è derivata, ha fatto perdere credibilità al sistema dei partiti. A ciò si aggiungono l'evidente corruzione e le collusioni diffuse di parte degli esponenti politici. C'è bisogno di nuove scelte, da compiere con chiarezza, a partire dalla legge anticorruzione. Dovremmo tornare a discutere di proposte anche di lungo respiro e non solo di candidature.