“Vedere che il lavoro torna ad avere le caratteristiche più dello schiavismo e della servitù, anziché di libertà fa sempre una straordinaria impressione”. Così oggi (26 agosto) in un’intervista alla Gazzetta del Sud, firmata da Giuseppe Dimiccoli, Susanna Camusso torna sul tema del caporalato e dello sfruttamento del lavoro nelle campagne della Puglia, ma non solo perché “purtroppo il fenomeno non riguarda solo la Puglia”.

“La preoccupazione – afferma Camusso al quotidiano del Mezzogiorno – è che in questo periodo una volta scoppiata la notizia vi sia un’inchiesta immediata, ma poi tutto scompaia in attesa del successivo episodio. Si accendono i riflettori per la morte dei lavoratori – continua Camusso – ma non vi è una capacità di regolare positivamente il lavoro. Si aspetta il grande incidente, ma poi tutto è come prima”.

Per il segretario Cgil bisogna invece “risolvere il problema ricostruendo delle condizioni di lavoro dignitoso, per fare in modo che le persone non rischino la vita, non siano sfruttate e trasformate in servitori della gleba”. Camusso ricorda poi quanto messo in campo dal sindacato, a partire dal lavoro del 2010-2011 “in cui si fece notare che il caporalato era ritornato ad esistere sempre più attivo nei cantieri e in campagna”. Da quella denuncia prese poi vita la legge sul reato di caporalato. “Se vi è un processo a Nardò – insiste Camusso – è esattamente perché vi è questa legge”.

Altra esperienza significativa citata dal segretario Cgil è quella del sindacato di strada “teso a ricostruire una capacità di andare a trovare questi lavoratori, a cercarli”, “costruendo una capacità di dialogo con le varie etnie, offrendo loro punti di riferimento”.

Per quanto riguarda invece gli interventi che andrebbero messi in atto, Camusso ne indica diversi. In primo luogo la definizione degli elenchi dei lavoratori agricoli presso i Comuni, perché “rendere trasparente e accessibile per tutti la disponibilità a lavorare, le qualifiche delle persone e i periodi, sottrae qualunque alibi al caporalato”. E poi, l’applicazione dei contratti, per rompere quella “gerarchia di trattamento in negativo che si è creata a seconda della nazionalità di provenienza”.

Capitolo controlli: “Non avvengono in modo costante e continuo, perché non vi è una percezione diffusa della drammaticità del fenomeno”, sostiene Camusso. Per il segretario Cgil andrebbero fatto con “una frequenza alta e in particolare nel periodo della raccolta”. Ma il vero nodo, per il leader della Cgil, è che ci vuole “la costruzione di una attenzione da parte della opinione pubblica, ricordando in quali condizioni vivono questi lavoratori che sono visibili quando raccolgono e invisibili appena terminano”.

Dal governo Camusso si aspetta “una forte reazione”. “Il ministro della Politiche Agricole, Martina, trasformi gli annunci in un luogo di discussione – afferma ancora il segretario Cgil – per definire con certezza il versante legislativo necessario per chiarire la responsabilità dell’impresa, la determinazione della filiera dei controlli, in modo che non vi siano dubbi”. Dunque, ok alla commissione di inchiesta, richiesta da diversi parlamentari, “ma credo che contemporaneamente bisogna agire e non aspettare”.