L'andamento dell'economia nazionale e locale ci dice che la crisi non è passata o, meglio, che siamo all'interno di un lungo processo di trasformazione che sta producendo una metamorfosi del nostro tessuto industriale e dei servizi. Tutti i recenti studi e analisi sull'andamento della disoccupazione evidenziano che il trend è a tinte grigioscure e non rosee come prevedeva il governo fino a qualche mese fa. La riduzione degli incentivi alle assunzioni tramite il Jobs Act ha finito per aumentare le assunzioni con i contratti a termine. E con i voucher, i rapporti a tempo indeterminato tornano sotto il 30% a fronte degli ultimi 275mila avviamenti registrati a giugno 2016.

Ad aprile scorso, come Cgil abbiamo sostenuto, con la presentazione dei dati sull'andamento occupazionale, il rischio di un intreccio pericoloso dovuto al combinato disposto dell'esaurimento della copertura degli ammortizzatori sociali e della scarsa recettività del mercato del lavoro. Infatti, se escludiamo packaging e automotive dove si sono effettuate assunzioni (Lamborghini, Ducati, Philips Morris e Yoox), il resto del tessuto produttivo non cresce e non riesce ad assorbire la manodopera espulsa negli ultimi anni.

Rischiamo a settembre un incremento della disoccupazione dovuto alla perdita del lavoro di coloro che oggi sono in cassa integrazione e operano in aziende che non vedono crescita o ripresa all'orizzonte. Parliamo di una cinquantina di imprese del comparto industriale, circa 5mila lavoratori, tenendo presente che nel 2015 sono stati collocate in mobilità – e quindi in disoccupazione – circa 8.000 persone.

I casi Stampi Group, BredaMenarini, Demm, Coop Costruzioni, cui si aggiunge la Selcom, sono la dimostrazione che le difficoltà non sono superate. Basti pensare alla vertenza della Fiera che alimenta, in negativo, il rischio di ulteriori perdite di posti anche in settori fino a ieri non inclusi nelle realtà in difficoltà.

L'aumento dell'uso della cassa integrazione straordinaria (+25% rispetto al 2015), è un dato che ci dice come la crisi sia in pieno svolgimento, dimostra che le aziende più strutturate sono in difficoltà e alle prese con processi di ristrutturazione e riorganizzazione. Di fatto, la cassa in deroga è stata sostituita da quella ordinaria, il che conferma che non ci sono riprese del mercato nelle piccole imprese, una situazione di stallo che non presenta al momento segnali di inversione della rotta.

Appare evidente che per capovolgere questa tendenza occorre che il governo riveda le politiche sugli ammortizzatori sociali e riapra un turnover più dinamico tra lavoratori pensionabili e giovani in cerca di lavoro. A Bologna ci sono più di 24mila disoccupati sopra i 45 anni di età e che richiedono una politica attiva in termini di formazione e riqualificazione per rientrare nel mercato del lavoro.

Gli accordi raggiunti nei mesi scorsi sul Patto per il lavoro con la Regione e il Patto sullo Sviluppo della Città Metropolitana devono essere rapidamente applicati, soprattutto nelle parti che possono creare occasioni d'investimento e sviluppo come il completamento o l'avvio delle grandi opere: servizio ferroviario metropolitano, people mover, elettrificazione filoviaria, viabilità, Fico, Passante. Tutti potenziali volani di crescita occupazionale.

Ma, oltre a questo, serve uno scatto da parte delle imprese private e delle associazioni datoriali nei livelli di investimento e nelle politiche di aggregazione per meglio competere sul mercato internazionale. Non vorremmo che prevalesse una situazione di assuefazione, di rassegnazione che produce immobilismo e quindi non consente un'uscita dal lungo tunnel della crisi.. A nostro giudizio, è quanto mai indispensabile, fare sistema a livello territoriale e regionale. Pungoleremo tutti i soggetti che possono determinare azioni e scostamenti dall'attuale stato di immobilismo.

Maurizio Lunghi è il segretario generale della Cgil Bologna