In campagna elettorale, la Ces ha lanciato il suo manifesto per un nuovo corso dell’Europa. Un manifesto che sollecitava i candidati al parlamento europeo e alla presidenza della Commissione ad agire, una volta eletti, in favore di un’Europa sociale, a misura di cittadino, di un’Europa che usi le proprie risorse per creare occupazione e non solo per salvare il sistema bancario. All’indomani delle elezioni europee, Rassegna ha chiesto al segretario generale della Confederazione europea dei sindacati, Bernadette Ségol, se la nuova composizione del parlamento di Strasburgo sarà in grado di dare all’Europa il cambio di passo richiesto dalle parti sociali.

Rassegna Bernadette Ségol, i risultati elettorali dicono che i popolari restano il primo partito d’Europa, ma lo scarto con i socialdemocratici si è fortemente ridotto. Le urne, però, affermano anche che una fetta non trascurabile dei 400 milioni di aventi diritto non cree più in questa Europa e sceglie due strade: votare movimenti xenofobi e euroscettici o non votare per nulla, come dimostra il calo di affluenza nei grandi paesi dell’Unione. Cosa ne pensa?

Ségol Le elezioni europee hanno espresso un chiaro scontento nei confronti dei partiti che hanno promosso le politiche del rigore negli ultimi anni. Il voto dei cittadini rappresenta un importante avvertimento nei confronti delle principali formazioni politiche: dovete cambiare rotta. C’è un sentimento di disillusione diffusa che non può essere ignorato. Il messaggio degli elettori è forte: ne abbiamo abbastanza di disoccupazione, austerità, mancanza di opportunità, lavoro precario. Creo e spero che, se non tutti, alcuni dei politici in Europa se ne siano resi conto.

Rassegna In campagna elettorale, la Confeerazione europea dei sindacati ha sostenuto con grande vigore il messaggio anti–austerità, lo stesso che gli elettori hanno lanciato dalle urne domenica 25 maggio. Più o meno identico il messaggio utilizzato come mezzo per creare consensi da parte degli euroscettici, che nel prossimo parlamento europeo occuperanno oltre 130 seggi. Gli antieuropeisti rischiano di essere un ostacolo per la realizzazione del “nuovo corso” scelto dalla Ces?

Ségol Parto col dire che sono molto arrabbiata e triste per l’affermazione politica ottenuta da Marine Le Pen in Francia, ma anche per i risultati degli euroscettici in Gran Bretagna e Danimarca. Questi movimenti sono ciò che più di lontano si può immaginare dal sindacato e a Strasburgo cercheranno di ostacolare i passi avanti che chieiamo. Allo stesso tempo, vorrei ricordare che queste forze rappresentano appena il 12 per cento del parlamento europeo. Una quota rilevante, ma non certo determinante. Se i principali gruppi politici decidono di voltare pagina verso una politica fatta di investimenti, gli euroscettici non hanno i numeri per bloccarla in parlamento. I grandi partiti europei, da questo punto di vista, non hanno scuse.

Rassegna Chi sosterrà nel nuovo parlamento europeo le istanze della Ces?

Ségol I socialdemocratici si sono dimostrati vicini alle nostre richieste e sono consapevoli che la direzione politica dell’Unione deve cambiare. Resta tuttavia un problema, quello di trovare una maggioranza stabile che sostenga il piano di investimenti da noi richiesto. A livello numerico, i risultati dicono che l’unica maggioranza stabile sarebbe quella formata da socialdemocratici e popolari. E questo può rappresentare un problema, anche se proprio all’interno dei popolari creo si discuterà di possibili cambiamenti di rotta.

Rassegna Significa che anche i popolari potrebbero abbandonare le strategie politiche di rigore di cui sono stati paladini e appoggiare la vostra idea di Europa?

Ségol Beh, uno scenario così netto appare molto difficile, ma c’è un elemento da analizzare. È vero che nella prossima legislatura i popolari saranno il gruppo più numeroso, ma è altrettanto vero che hanno perso 61 seggi, più di tutti, scendendo da 274 a 213, mentre i socialdemocratici sono calati di pochi seggi, da 196 a 190. È questo il motivo per cui ritengo che i popolari per primi dovranno riflettere sul risultato delle elezioni europee, ripensando le soluzioni da loro proposte per battere la crisi, perché appaiono molto lontane dai bisogni reali della gente reale.

Rassegna Il parlamento di Strasburgo è un luogo importante per promuovere le politiche della Ces, ma l’ultima parola c’è l’ha quasi sempre il Consiglio europeo, formato dai capi di Stato e di governo…

Ségol Nessuna politica capace di creare lavori di qualità potrà veere la luce senza il consenso del Consiglio europeo: per cui incontreremo il nuovo presidente del Consiglio appena verrà nominato, per sensibilizzarlo sulle nostre proposte. Dobbiamo far capire al Consiglio che l’Unione europea è spesso vista come un progetto a favore delle élite, e che perseguire politiche economiche che fanno pagare ai cittadini gli sbagli delle banche ha rafforzato questa impressione. Ci deve essere una svolta nelle politiche europee, perché la crisi è tutt’altro che finita. Mantenere in piei l’euro è stato un inizio, ma la vera sfida è quella di far tornare a lavorare 26 milioni di disoccupati.

Rassegna Quali sono i primi segnali che l’Europa deve dare in questa direzione, a partire da giugno?

Ségol Il primo segnale dovrà arrivare dalle raccomandazioni di politica economica che la Commissione europea fa ai 28 Stati membri. L’esecutivo comunitario deve far capire fin da subito di voler invertire la rotta: niente austerity a tutti i costi, ma investimenti per la crescita. Non solo. Il parlamento europeo deve insistere sul piano di investimenti da 250 miliardi in 10 anni che abbiamo proposto noi della Confeerazione dei sindacati. Questo significa promuovere politiche industriali sostenibili, opporsi alla deregolamentazione che attacca i diritti dei lavoratori, opporsi alle restrizioni di salario, fare pressioni sul Consiglio e sUgli Stati membri per riveere la contrattazione collettiva su base nazionale. Perché l’Unione europea deve proteggere i propri lavoratori e i lavoratori devono sentirsi protetti dall’Unione europea.

Rassegna Una figura chiave per promuovere il manifesto della Ces sarà il nuovo presidente della Commissione europea. In campagna elettorale, Jean Claude Juncker, candidato proposto dai popolari, non ha abbandonato l’approccio delle politiche del rigore, mentre il candidato dei socialisti, Martin Schulz, ha sostenuto la necessità di un nuovo corso fatto di politiche per la crescita e investimenti. La Ces sostiene apertamente la candidatura di Schulz?

Ségol In qualità di associazione sindacale, non sosteniamo nessun candidato espresso dai partiti europei. Ma posso affermare che ciò che i sindacati vogliono è un presidente della Commissione che ponga fine all’austerity e che si adoperi per la creazione di posti di lavoro di qualità. In ogni modo, il fatto che i cittadini abbiano potuto indicare indirettamente la propria preferenza per il presidente della Commissione europea è un passo importante per la democrazia europea. Ora, secondo il Trattato di Lisbona, il Consiglio deve tenere in considerazione la scelta fatta dai cittadini europei attraverso il voto. Spero vivamente che questo venga fatto e che il presidente non venga scelto a porte chiuse. Il sindacato europeo lo considererebbe un pessimo segnale politico.