I principi fondamentali che regolano il contratto di “appalto” sono definiti dal codice civile. Per l'articolo 1655, “L'appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro”. Ai principi fondamentali fissati in questo articolo, se ne associano altri complementari fissati dallo stesso codice civile e molti altri ancora nelle norme che regolano la tutela del lavoro, la sicurezza nei luoghi di lavoro, gli appalti pubblici, il contrasto della criminalità organizzata.

Il legislatore nel corso degli anni è intervenuto ripetutamente sulla materia, con norme che hanno segnato l'avanzamento della tutela del lavoro, come l'introduzione del Durc (Documento unitario di regolarità contributiva) o l’estensione della responsabilità solidale del committente nei confronti dei lavoratori dell'appaltatore e degli eventuali subappaltatori, mentre gli interventi più recenti da parte del governo hanno segnato degli arretramenti preoccupanti. In questo articolato contesto, l'iniziativa della Cgil di promuovere un progetto di legge di iniziativa popolare è importante non solo per quanto si propone nel merito.

La proposta di legge si propone alcuni obbiettivi importanti, ma limitati, due in particolare. Uno è quello della responsabilità solidale: con la cancellazione delle modifiche apportate dal governo all'articolo 29 del dlgs 276/2003, che hanno escluso (con l'articolo 9 del decreto legge 76/2013) dall’applicazione della regola della responsabilità solidale le pubbliche amministrazioni committenti di appalti; con la modifica delle norme, introdotte in precedenza con la legge 92/2012 sempre nell'articolo 29, che hanno reso l’applicazione della responsabilità solidale in sede processuale più onerosa per i lavoratori destinatari della garanzia e hanno aperto spazi incontrollati alla modifica della regola da parte della contrattazione collettiva.

L'altro obbiettivo importante del progetto di legge è quello della tutela dei lavoratori
nel caso della successione di appalti, proponendo la modifica di quanto già previsto, in modo ambiguo, al comma terzo dello stesso articolo 29 del dlgs 276/2003. Non solo. La proposta di legge, con il terzo e ultimo articolo, propone il monitoraggio del rispetto delle suddette norme da parte dell'Anac (Autorità nazionale anticorruzione) nel caso degli appalti pubblici.

L'iniziativa, di per sé importante, potrà essere anche più efficace e decisiva se la raccolta delle firme
non sarà confinata all'interno dell'organizzazione, fra i soli iscritti della Cgil; questo in quanto la raccolta offre una straordinaria occasione per un confronto con le forze sociali e politiche per colmare il gap culturale sulle trasformazioni profonde che hanno investito gli apparati produttivi con i cosiddetti processi di globalizzazione, caratterizzati da un rapporto fra capitale finanziario e lavoro vivo intermediato appunto da una rete-ragnatela di appalti, subappalti e contratti similari.

L'appalto rappresenta oggi la relazione contrattuale dominante nella nuova organizzazione degli apparati produttivi, non a caso. L'appalto è infatti la relazione contrattuale con il massimo di flessibilità dal lato del committente, pubblico o privato che sia. Con l'appalto il committente scarica sull'appaltatore tutti i rischi dell'organizzazione dei fattori della produzione (organizzazione dei mezzi necessari e gestione a proprio rischio, dice la norma), e consente di stabilire un rapporto limitato e a tempo determinato, quello pattuito per la fornitura del lavoro o del servizio appaltato. L'appalto è l'esatto opposto del contratto di lavoro che dominava l'organizzazione della impresa fordista.

L’espressione che maggiormente caratterizza i nuovi modelli imprenditoriali è il cosiddetto outsourcing, che sta a identificare un processo di scomposizione del sistema produttivo che passa da un'organizzazione a catena concentrata in un luogo determinato a un sistema a rete disperso (in outsourcing, appunto). L'organizzazione piramidale solida dell'impresa fordista si è trasformata in un’enorme ragnatela liquida, composta da tante ragnatele di cicli di lavoro, con al vertice il ragno più grande collegato ai tanti ragni sempre più piccoli da una rete di appalti e subappalti.

La grande impresa diventa una holding con una produzione virtuale
, nella quale il rapporto fra il vertice (il comando e il capitale) e la base produttiva (il lavoro vivo) è intermediato da una catena di appalti e subappalti fino all’imposizione del lavoro in appalto anche al singolo lavoratore. Questo nuovo modello scarica la competizione verso il basso e induce anche nella piccola e media impresa una competizione tutta fondata sui fattori più poveri e di basso profilo che alimentano lavoro nero, lavoro grigio, lavoro precario, lavoro atipico.

L'appalto, ma anche tutti gli istituti contrattuali similari e comunque distinti dal lavoro a tempo indeterminato, diventa l'istituto contrattuale dominante
, con il quale la competizione si scarica principalmente sul fattore lavoro e il rischio di impresa sulle piccole realtà e persino sul singolo lavoratore. Per questo il confronto, che l'iniziativa della Cgil può e deve sollecitare, incrocia i temi decisivi della crisi economica e sociale, le ragioni più profonde dell’opposizione ai più recenti provvedimenti del governo su questi temi e alla direzione pericolosa contenuta nel cosiddetto Jobs Act.

L'iniziativa incrocia in modo decisivo anche tutti i provvedimenti che sottostanno alla cosiddetta spending review. Da questo punto di vista, mi preme segnalare un limite oggettivo della proposta. Il primo comma dell'articolo 1 del progetto di legge, pur ripristinando la responsabilità solidale del committente pubblico, non coglie appieno le profonde modifiche prodotte in questi ultimi anni nella legislazione dei contratti pubblici.

Nel progetto di legge la responsabilità solidale della pubblica amministrazione è riferita agli “appalti” e si esprime nei confronti degli “appaltatori” e degli eventuali “subappaltatori”. Nelle norme vigenti del Codice dei contratti pubblici (dlgs 163/2006), oltre al contratto di “appalto”, vi sono anche diversi altri istituti contrattuali, così come nella definizione quantitativa del “subappalto”, data nell'articolo 118 del Codice, nei “subappaltatori” non sono ricompresi tutti i “subcontraenti” legati all'appaltatore da subcontratti che la norma non equipara al subappalto. In questi casi, la norma proposta rischia di essere estranea o poco efficace.

Con i nuovi istituti contrattuali (concessione, contraente generale, contratto di disponibilità, leasing ecc.) si produce anche un altro fenomeno, quello dell'allungamento e della privatizzazione della filiera produttiva, con un impatto rilevante sia sulla piccola e media impresa, sia sulla gestione del fattore lavoro. In gran parte dei casi, e non solo per le grandi opere, l'aggiudicatario del contratto pubblico, sia pure scelto con procedura a evidenza pubblica, non è tenuto al rispetto delle norme del Codice e le relazioni economiche della filiera dei subcontratti che coinvolgono la piccola e media impresa si spostano nel diritto privato, rendendo impossibile l’applicazione delle norme di tutela del lavoro legate agli appalti pubblici (per esempio: la clausola sociale dello Statuto dei diritti dei lavoratori) e comunque più difficile e complicata la tutela del lavoro e il controllo di legalità.

Le stesse norme sulla responsabilità solidale e la possibilità di rivalsa sul committente
per la tutela dei lavoratori dell'appaltatore diventa praticamente impossibile, sia in relazione alla caratteristica di istituti contrattuali diversi dall'appalto, sia in riferimento a una catena di committenti-appaltatori troppo lunga e nella quale la distanza del lavoro operativo dal committente pubblico è intermediata da tre, quattro, cinque committenti-appaltatori.

Il confronto incrocia infine anche il tema della criminalità organizzata e della corruzione
. Con l'uso di questi nuovi istituti contrattuali, e in un contesto nel quale il fattore finanziario pesa in modo decisivo, si determinano condizioni che offrono opportunità straordinarie proprio a quei soggetti che oltre a disporre di denaro a costo zero hanno l’esigenza di riciclare capitali di provenienza illecita.

Se infatti già nel contratto di appalto è connaturata una fisiologica esposizione finanziaria dell'appaltatore, sia per l'attività svolta, con la quale anticipa le risorse necessarie, sia per il patologico ritardo nei pagamenti della pubblica amministrazione, con i nuovi istituti contrattuali il valore finanziario si dilata enormemente fino a diventare il fattore determinante. D'altro canto, la stessa filiera della sub contrattazione, più lunga e più articolata, rende inutilizzabili o di difficile applicazione anche le norme di contrasto della mafia e della corruzione, concepite e codificate, come quelle per il lavoro, per istituti contrattuali tipici, per l'appalto soprattutto.

Se il progetto di legge, necessariamente, reintroduce la responsabilità solidale del committente pubblico in modo parziale e limitato, il percorso avviato e il confronto auspicato possono trovare una sponda importante nel recepimento delle Direttive europee sugli appalti, anche questo oggi in corso, e un terreno altrettanto decisivo per garantire le tutele del lavoro nei contratti pubblici. Proprio nelle Direttive europee, gli obbiettivi sottesi dal progetto di legge della Cgil trovano un riscontro puntuale, mentre quello dei provvedimenti del governo un segno decisamente opposto.

Le novità che infatti le Direttive europee ci propongono sono
, da un lato, la cancellazione proprio degli istituti contrattuali atipici e comunque la riconduzione di questi alle definizioni non equivocabili date dalle direttive e, dall'altro, l’assunzione del contratto pubblico come strumento di politica industriale che induca a un rapporto diretto e trasparente con la piccola e media impresa, per garantire legalità e tutela del lavoro, trasparenza e legalità nella fase esecutiva dell'appalto pubblico. Progetto di legge e recepimento delle Direttive sugli appalti pubblici sono due percorsi importanti e decisivi, da percorrere entrambi in modo consapevole e partecipato.

* ingegnere, direttore di Itaca (Istituto nazionale per la trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale)