“Gentilissimi Ministri, Il livello di competitività nel settore dell'industria della macellazione e della trasformazione delle carni è seriamente compromesso da fenomeni di vero e proprio dumping contrattuale, o meglio di concorrenza sleale, attraverso l'utilizzo di false cooperative impiegate in discutibili appalti”. Inizia così la lettera che Umberto Franciosi, segretario generale della Flai Cgil Emilia Romagna, ha indirizzato ai ministri Poletti e Guidi per denunciare “l'utilizzo di false cooperative” in appalti “di dubbia genuinità” e, in alcuni casi, “di vera e propria somministrazione irregolare di manodopera”.

“Sappiamo molto bene che, con il decreto legislativo 276/2003, determinare con precisione il reato di intermediazione di manodopera è assai più complicato, in quanto un appaltatore può anche gestire solamente l'organizzazione del lavoro, anche senza investimenti particolari in tecnologie, impianti e mezzi – scrive Franciosi – e questa è la tipologia di appaltatori, che, tramite la forma societaria della cooperativa, gestiscono in tutti i macelli, in quasi tutti gli impianti di sezionamento e, sempre più spesso, nei salumifici dell'Emilia Romagna, ma anche in tutto il resto del Paese, parti del processo produttivo”.

Secondo Franciosi, si utilizza la forma societaria della cooperativa, “spesso non applicando nessun principio costituzionale e di legge, per ‘smontare’ i contratti di lavoro, per ridurre diritti, per ridurre i costi del lavoro”. La Flai Cgil ha anche evidenziato “casi di sfruttamento che rasentano un nuovo e moderno caporalato. Sono coinvolti lavoratori stranieri di tutte le etnie, che subiscono, spesso da altri stranieri, fenomeni di caporalato”.

False cooperative che nascono e scompaiono “come i funghi”, denuncia ancora Franciosi, “spesso cambiano nome e gli amministratori delegati e i loro presidenti si riciclano in altre cooperative. Cooperative che applicano il contratto della logistica e trasporti, mentre i loro soci lavoratori disossano e rifilano prosciutti, lavorano carni e producono salumi. Cooperative inserite, tramite appalti, nel processo produttivo dell'impresa committente, mentre il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro lo vieta e lo esclude espressamente”.

“La Flai Cgil continuerà a segnalare alle competenti istituzioni i casi di irregolarità – assicura Franciosi - ma ad oggi, purtroppo, dobbiamo affermare che non abbiamo visto grandi risultati. La Flai Cgil non è solo preoccupata del livello di sfruttamento a cui sono sottoposti questi lavoratori, ma lo è anche per la tenuta di questa filiera produttiva, la quale non è strategica solo per l'Emilia Romagna, ma anche per tutto il Paese. Siamo preoccupati perché in queste condizioni di competizione, un macello o un salumificio che voglia rispettare le leggi di questa Repubblica, può correre seri rischi”.

Un'affermazione forte, quella della Flai Cgil emiliana, ma supportata da verifiche puntuali sui numeri. “Abbiamo verificato dalle analisi di bilancio di alcune cooperative appaltatrici modenesi – spiega Franciosi - un costo del lavoro di 13,60 euro/ora medi. Costo del lavoro notevolmente più basso delle imprese committenti, che oscilla fra i 27 e i 25 euro/ora medi, mentre la media nel settore dell'industria alimentare è di 22 euro/ora. La comparazione l'abbiamo fatta anche rispetto al costo del lavoro determinato dal Ministero, per quanto concerne le attività di facchinaggio, che prevedono un costo del lavoro di 20 euro/ora”.

Queste sono analisi dei costi, fatte dal sindacato su documenti ufficiali, reperibili in Camera di Commercio, che dimostrano un abbattimento di oltre il 50% del costo del lavoro, rispetto ai costi sostenuti dal committente. “I cooperatori, presidenti di queste discutibili cooperative, affermeranno che i nostri calcoli non tengono conto del fatto che i loro "soci" lavorano poche ore al giorno. Niente di più falso!”, afferma ancora Franciosi. “Sappiamo bene che mediamente lavorano oltre le 200 ore al mese e, nelle buste paga, vengono dichiarate meno ore. Le altre ore vengono retribuite con ‘trasferte’ e ‘rimborsi’, esenti da imposizione fiscale e previdenziale”.

“Così – conclude Franciosi - oltre a generare concorrenza sleale fra le imprese si genera anche un problema di tenuta sociale. Infatti con simili retribuzioni dichiarate, drogate da forti quantità di denaro a cui non viene applicata imposizione fiscale e previdenziale, questi lavoratori possono ottenere benefici fiscali ed assistenziali, compreso il bonus "Renzi", che altri lavoratori, con il medesimo importo netto in busta paga, non possono percepire. Altra benzina per chi soffia sul fuoco dello scontro razziale in questo Paese”.

La Flai Cgil “continuerà a segnalare, denunciare a tutte le istituzioni questi episodi, ma incomincio a credere che non sia più sufficiente. E' necessaria una maggior determinazione politica nello stroncare un fenomeno che, oltre a compromettere una filiera importante per la nostra economia, corre il rischio di compromettere l'esistenza delle imprese serie ed oneste che vogliono competere rispettando le leggi e i contratti di lavoro del nostro Paese. 
Per questo motivo – è l’appello finale ai ministri - siamo a chiedere il Vostro interessamento ed il Vostro intervento”.