Salta il tavolo sul contratto dell'agricoltura. Dopo un lungo confronto, a 5 mesi dalla scadenza del contratto nazionale degli operai agricoli e florovivaisti, Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil hanno “dovuto prendere atto dell'impossibilità di proseguire la negoziazione”.

“Sono troppi – spiegano i sindacati in una nota congiunta – i punti di disaccordo emersi con le parti datoriali”. Le loro richieste, per Fai, Flai e Uila, sono state “ingombranti per quantità e rilevanza, rispetto alle rivendicazioni contenute nella nostra piattaforma; basti pensare all’abolizione del limite dell’orario di lavoro giornaliero, con tutte le sue implicazioni, anche previdenziali, in un settore dall’alta frammentazione e dalle esigue dimensioni aziendali”.

Un altro punto critico è l’introduzione di un salario minimo nazionale, “richiesta che a nostro parere confligge con l’attuale struttura salariale”. Anche sulla nostra disponibilità a definire una particolare regolamentazione per le aziende plurilocalizzate, non è stato riscontrato “il giusto apprezzamento”. Così come, in materia di appalti, non sembra essere ancora forte l’attenzione “verso norme capaci di frenare il dilagante fenomeno di esternalizzazione della manodopera senza adeguata copertura contrattuale”.

Fai, Flai e Uila si augurano di tornare presto a negoziare “anche sui punti che in questa fase della trattativa non hanno ancora ricevuto la considerazione che meritano, come l’aumento salariale, il recepimento di quanto contenuto nella legge 199, in particolare su trasporto e collocamento, nonché in riferimento alla Rete del lavoro agricolo di qualità, e poi i nuovi strumenti di welfare, il rafforzamento dei diritti individuali e sindacali”.

I sindacati vorrebbero chiudere la trattativa “siglando un contratto forte, equilibrato e degno di un settore strategico per il paese, che coinvolge 200 mila aziende e oltre un milione di lavoratrici e lavoratori. Abbiamo riscontrato invece dubbi e perplessità inopportuni, che mettono a rischio il consolidamento dei diritti e della qualità del lavoro”.

Per questo è stato proclamato uno sciopero generale per il 15 giugno: “Manifesteremo il nostro dissenso con assemblee e presìdi sui luoghi di lavoro e davanti alle Prefetture, per continuare a difendere i diritti dei lavoratori che, con questo rinnovo, dovranno vedere riconosciuti la propria dignità e il rispetto per l’intera categoria”.