Al già lungo elenco di strumenti più o meno leciti per sabotare il quorum, se ne è aggiunto uno nuovo e inedito. Lo propone la presidente del consiglio che annuncia che si recherà al seggio ma non ritirerà le schede. “Che ci va a fare ?”. La risposta di buon senso è: ci va solo per l’ennesimo passaggio a reti unificate per arringare televisivamente l’opinione pubblica proprio il giorno del voto, in barba alla par condicio.

Cecilia De Dominicis
Cecilia De Dominicis
Cecilia De Dominicis

È una risposta plausibile ma incompleta: con questa innovazione costituzionale che oltraggia l’art. 48 (quello che ricorda che il voto è un dovere civico) la premier lancia anche un suggerimento comportamentale. Incita i suoi seguaci a fare lo stesso, quindi ad andare ai seggi e magari stazionarci dentro o fuori tutto il tempo possibile: nessun microfono ne registrerà le dichiarazioni, ma la loro presenza assumerà il sapore di un pressing verso elettori dubbiosi, persone in condizioni di sentirsi controllate o influenzate. La premier infatti è anche una potente influencer, e il suo comportamento (adeguatamente rimbalzato da una rete tv all’altra) non potrà che generare effetti imitativi a cascata.

Il messaggio della premier, che si aggiunge a quelli già noti del presidente del Senato, è uno sfregio all’art. 48 della Costituzione non solo perché si fa beffe del voto come dovere civico, ma anche perché oltraggia la segretezza del voto, indica palesemente ad elettrici ed elettori che il loro comportamento è oggetto di controllo. Quando il primo fronte di conflitto non è più il sì contro il no, ma il voto contro il non-voto, è proprio la segretezza del voto ad essere annientata. Come farà la telefonista di un call-center assunta con contratto di somministrazione ad andare al seggio, se sa che potrà incrociare il suo caporeparto che presenzia per un certo periodo pur senza ritirare le schede?

È vero che da almeno un trentennio la proposta di non votare ai referendum è stata avanzata più volte e da parti diverse, ma mai era stata costruita scientificamente come un grande movimento di opinione capillarmente diffuso, dotato di una scorta mediatica che spazia da Rai a Mediaset, elevato al rango di “pensiero politico” dalla stampa di governo, ossessivamente ripetuto nei social da imitatori ed haters di complemento, e soprattutto santificato solennemente da due dei massimi vertici istituzionali.

Insomma oggi come mai prima, si stanno arruolando a forza in uno schieramento quei milioni di italiani che per i motivi più diversi non hanno mai votato o non votano più. Una coscrizione obbligatoria che (assieme ai contenuti dei referendum) andrebbe spiegata con impegno a quell’elettorato che si è allontanato dalla politica, ma che non ama essere usato strumentalmente da nessuno. Anche di fronte a questo arruolamento forzoso in uno schieramento, quella di votare appare con limpida evidenza una scelta di coraggio e di libertà.

Maurizio Blasi, giornalista, associazione Articolo 21