Il Friuli Venezia Giulia è una regione tra le più “vecchie” d’Italia dal punto di vista demografico, ma con una spiccata vocazione manifatturiera, forte di un’industria che, a fianco di pochi grandi gruppi come Fincantieri, Wartsila, Danieli, Pittini, Electrolux, è caratterizzata soprattutto da un capillare tessuto di medie e piccole imprese, particolarmente sviluppato in alcuni settori, come la meccanica, la siderurgia, l’elettrodomestico e il legno-arredo, che oltre a realtà di livello nazionale come Snaidero, Calligaris o Fantoni, conta anche due distretti tra i principali d’Europa, come la zona del Mobile del Livenza (Pordenone) e il Triangolo della Sedia di Manzano (Udine).

L’emergenza Covid ha trovato una regione che, nonostante un rallentamento a fine 2019, vedeva un progressivo ritorno verso i livelli pre-crisi (del 2009) e un mercato del lavoro con fondamentali sicuramente buoni rispetto alla media nazionale e in linea con il resto del Nordest, sebbene segnati da un costante innalzamento dell’età media degli occupati e da una crescente diffusione della precarietà. 

Gli effetti della pandemia sono stati pesantissimi come nel resto del Paese, come documenta un numero di ore di cassa integrazione aumentato di 20 volte rispetto ai livelli del 2019 (che peraltro erano stati i più bassi degli ultimi 10 anni).

Grazie soprattutto al suo manifatturiero, una larga parte del quale ha continuato a lavorare anche durante il lockdown e ha potuto contare sulla buona reazione dei settori di riferimento (cantieristica, edilizia, filiera della casa e del mobile, elettrodomestico), il Friuli Venezia Giulia aveva reagito piuttosto bene alla prima ondata. Una prima ondata nella quale l’impatto dell’epidemia sulla popolazione e sul sistema sanitario della regione è stato decisamente contenuto rispetto alle altre regioni del nord. A soffrire, come nel resto del Paese, soprattutto il turismo (12% del Pil regionale), il commercio e vasti settori del terziario. In forte crisi anche le realtà del food e dell’agroalimentare, a partire dal vino, comparti più dipendenti dalla fornitura a hotel, bar e ristoranti. Più contenuti rispetto al quadro nazionale gli effetti sull’export, a conferma della discreta tenuta del manifatturiero. 

In piena controtendenza rispetto a quanto avvenuto in primavera, la seconda ondata ha superato largamente gli effetti della prima. Non soltanto in termini di contagiati, ma anche di decessi (di fatto triplicati) e di impatto sul sistema sanitario e sulle case di riposo. Evidenti le responsabilità della Regione e delle Aziende sanitarie, che non hanno sfruttato la tregua estiva per quelle misure di rafforzamento del sistema socio-sanitario (assunzioni, potenziamento dei servizi territoriali e della prevenzione) che sarebbero stati indispensabili per poter gestire in modo meno traumatico la nuova offensiva del virus, una seconda ondata che non sembra ancora aver imboccato la fase discendente. Oltre a mettere a dura prova un sistema ospedaliero, con un numero di ricoveri triplicato rispetto ai picchi della prima ondata, il prolungarsi e l’acuirsi dell’emergenza rischiano di pregiudicare o quantomeno di ritardare anche le prospettive di ripresa di un tessuto economico e occupazionale che solo nel 2021 potrà quantificare in modo attendibile l’impatto della pandemia.

L’inadeguata gestione della seconda ondata e i ritardi nel varo di una strategia di potenziamento della sanità pubblica sono i due grandi nodi che stanno determinando una crescente tensione nel confronto tra la Giunta regionale di centrodestra (a guidarla è il leghista Massimiliano Fedriga) e le parti sociali. Il tavolo aperto con i sindacati, peraltro in forte ritardo rispetto alle sollecitazioni di Cgil, Cisl e Uil, non sta dando le risposte attese sul versante della sanità, dove si registrano già dure vertenze anche a livello territoriale, in particolare a Pordenone, dove i lavoratori hanno già scioperato e manifestato contro i vertici dell’azienda sanitaria. In ritardo anche il confronto sulla Finanziaria regionale 2021, mentre è partito il tavolo sul provvedimento più atteso sul fronte dell’economia, il ddl RilancImpresa, abbandonato causa pandemia ma ora pronto a riprendere il suo iter nei piani dell’esecutivo.