Dopo l’esperienza di Narcomafie, che diede inizio alle sue pubblicazioni pochi mesi dopo l’onda emotiva e partecipativa scaturita dalle stragi di Capaci e Via D’Amelio, arriva in edicola la nuova proposta editoriale lavialibera, rivista bimestrale cartacea pensata con lo stesso spirito della precedente, con l’intenzione di dare seguito e continuità a temi e contenuti ineludibili nel contesto storico della nostra contemporaneità.

Questo primo numero, dal titolo “Cosa cova”, illustrato in copertina da un grande uovo su sfondo bianco e con un riferimento esplicito alla mafia siciliana, viene aperto (non potrebbe essere altrimenti) dalle parole di Don Luigi Ciotti, non soltanto in qualità di fondatore di “Libera”, ma come direttore editoriale del progetto. E il suo editoriale insiste una volta di più sulla possibilità concreta di costruire un mondo realmente diverso partendo proprio dalla Sicilia, ancora da Palermo, ricordando che non a caso quest’anno la venticinquesima Giornata della memoria e dell’impegno si terrà proprio nella città dei Vespri.

Molte le collaborazioni già presenti nelle pagine, e alcune rubriche tenute da firme importanti, tra cui “le parole “ di Carlo Lucarelli, la prima delle quali è “stupore”, quello stupore provato dagli emiliano-romagnoli di fronte ai 117 arresti per ’ndrangheta nel corso dell’Operazione Aemilia: un senso di grande meraviglia provocata da qualcosa di inatteso, come il dizionario insegna. Eppure, delle connessioni tra criminalità organizzata e il vasto mondo dell’economia imprenditoriale nazionale, estese in tutto il nostro territorio, dal Sud al Nord del Paese, avremmo dovuto accorgercene tutti già da tempo.

Tra i vari approfondimenti proposti spicca un’intervista esclusiva realizzata da Elena Ciccarello, direttrice responsabile della rivista (la cui voce potete ritrovare nel podcast qui allegato), a una lavoratrice che si occupa di moderare i contenuti sul mercato italiano di Facebook e Instagram. Una confessione obbligatoriamente anonima e non concordata con l’azienda, che racconta di uomini e donne tra i 25 e i 40 anni impiegati in turni di 7-9 ore giorno o notte, durante i quali il loro compito è quello di visualizzare, approvare o rimuovere milioni di post pubblicati nei profili social, che rivelano un mondo dominato da violenza a tratti inaudita, difficile da credere, al punto che alcuni (in realtà molti) di questi operatori sono costretti a rivolgersi allo psicologo fornito internamente alla struttura, mentre altri hanno deciso dopo qualche tempo di abbandonare del tutto la qualifica ottenuta, per non continuare a subire un bombardamento nocivo a loro stessi, e non sottostare a condizioni di lavoro troppo spesso al limite di ogni capacità di sopportazione, dato che la decisione di rimuovere o meno un contenuto deve essere effettuata in pochi secondi, in pratica senza margini di errore. “Essere esposti così tanto tempo a contenuti sgrammaticati, violenti, gratuiti – è la testimonianza della lavoratrice – ti entra dentro e ti cambia l’umore. Capita che torni a casa e non riesci a liberarti da quello che hai visto”. Un’intervista che rompe un muro di silenzio sull’argomento, densa di informazioni e dati: soltanto nel terzo trimestre del 2019, da Facebook sono stati rimossi oltre 25 milioni di post contenenti atti di violenza particolarmente brutali, 11 milioni e mezzo sulla nudità infantile e lo sfruttamento sessuale minorile, 7 milioni riguardanti l’incitamento all’odio. Numeri che da soli dicono tutto.

Tutto questo, e molto altro, si può trovare dentro lavialibera, che sotto il suo titolo precisa la sua linea editoriale: pensieri nuovi, parole diverse. Senza dimenticare che la sua versione cartacea bimestrale è supportata da un omonimo sito web quotidianamente alimentato, grazie anche a compagni di viaggio quali Fnsi, la Federazione nazionale della stampa, Articolo21, Usigrai, e quanti altri si vorranno aggiungere nel corso di questa nuova avventura. Non perdiamola di vista.