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Potresti andare in pensione , ma resti al lavoro e la tua busta paga diventa più alta . È il cosiddetto bonus Giorgetti che, con la legge di bilancio 2025 (art. 1, comma 161), ha ampliato il vecchio bonus Maroni. La misura è diventata operativa con la circolare Inps n. 102 del 16 giugno scorso.
Il governo in sostanza punta anche in questo modo ad allontanare sempre di più l'età del pensionamento , “stuzzicando” lavoratrici e lavoratori – in una situazione in cui l'Italia è maglia nera in Europa per le retribuzioni – con uno stipendio più alto. Ma siamo sicuri che la misura sia così conveniente e, soprattutto, equa e tale da garantire l'equilibrio del nostro sistema previdenziale?
Come funziona il bonus
La norma consente ai lavoratori che maturano entro il 31 dicembre 2025 i requisiti per la pensione anticipata flessibile (quota 103) o per la pensione anticipata ordinaria (42 anni e 10 mesi di contributi, un anno in meno per le donne) di rinunciare alla propria quota di contribuzione previdenziale – pari a circa il 9% della retribuzione – che normalmente verrebbe versata all'Inps.
In cambio lo stesso importo viene corrisposto direttamente in busta paga e, soprattutto, gode di un trattamento fiscale di favore: le somme sono escluse dal reddito imponibile e quindi totalmente esentasse. “Questo significa che due lavoratori con lo stesso lavoro e lo stesso stipendio possono ritrovarsi con redditi netti diversi solo perché uno aderisce al bonus e l'altro no”, commenta Ezio Cigna , responsabile delle politiche previdenziali della Cgil nazionale.
L'adesione può essere esercitata una sola volta e cessare al raggiungimento dell'età per la pensione di vecchiaia o al conseguimento di una pensione diretta.
La convenienza però è tutta da dimostrare : se è vero che chi sceglie l'incentivo riceve una retribuzione netta più alta, rinunciando però a una parte della propria copertura previdenziale futura. Infatti, la contribuzione non versata non concorre al montante individuale e riduce quindi l'importo della pensione calcolata con il sistema contributivo.
Le criticità secondo la Cgil
La Cgil ha però manifestato fin dall'inizio una posizione critica verso questa misura. Al contrario di quanto promesso, infatti, il bonus finisce per avvantaggiare chi svolge lavori meno gravosi e può permettersi di restare al lavoro. Per costoro l'incentivo diventa un premio economico aggiuntivo per una decisione che, verosimilmente, avrebbero preso comunque.
Ne risulta un provvedimento che non riduce le disparità, ma le acuisce , creando una divisione netta tra chi ha il privilegio della scelta e chi invece, per ragioni di salute o di usura psicofisica, è costretto a lasciare il lavoro. “L'incentivo al posticipio del pensionamento – osserva il sindacalista – altera così gli equilibri interni del sistema previdenziale e approfondisce le differenze tra i lavoratori, sia in termini di condizioni materiali che di continuità contributiva”.
Un'ulteriore criticità riguarda l'effetto sul sistema a ripartizione: i contributi dei lavoratori attivi finanziano le pensioni correnti. “Incentivare la rinuncia ai versamenti – avverte Cigna – significa ridurre le entrate e indebolire la tenuta del sistema , con conseguenze che si ricadranno soprattutto sulle giovani generazioni”.
Una misura spot basata sulla leva fiscale
Non solo: ancora una volta si utilizza la leva fiscale per costruire un bonus. "Si tratta - spiega il responsabile previdenza della Cgil - di un intervento di breve respiro, che distribuisce vantaggi immediati a pochi senza rafforzare la previdenza pubblica . Non è così che si dà risposta ai giovani, che hanno bisogno di stabilità lavorativa, continuità contributiva e garanzie per una pensione dignitosa".
In sintesi, per la Cgil l'incentivo al posticipo del pensionamento è una misura iniqua e sbagliata: crea disparità tra i lavoratori, penalizza chi svolge lavori usuranti, riduce le entrate contributive e mette a rischio la sostenibilità del sistema previdenziale. “La strada da percorrere – conclude Cigna – è un'altra: rafforzare la previdenza pubblica , ridurre le disuguaglianze e offrire certezze alle nuove generazioni e alle donne, che sono le più penalizzate dall'attuale sistema”.