“Adesso esiste solo il covid, le altre patologie non esistono. E questa è una cosa gravissima”. Alla Asl Roma 2 di largo Preneste i pazienti sanno bene che cosa sta succedendo, che cosa vuol dire avere una patologia ed essere messi da parte perché bisogna trovare spazi, tempi e risorse per un’emergenza più pressante. Lo stanno vivendo sulla loro pelle, come molte persone in Italia. “Ho aspettato un anno per fare mammografia ed ecografia di controllo ma adesso l’appuntamento non me l’hanno dato”. “Dovevo rinnovare il piano terapeutico per il diabete, è tanto che non faccio le analisi”. Le testimonianze che Collettiva ha raccolto lamentano disorganizzazione, inefficienze e soprattutto liste d’attesa infinite, gli stessi disagi e disservizi segnalati alle associazioni civiche e di tutela dei diritti con telefonate, richieste di aiuto e di intervento.

“La situazione che stiamo registrando in questi mesi attraverso il servizio rivolto ai cittadini Pit Salute è drammatica – spiega Isabella Mori dell’associazione Cittadinanzattiva -. Da anni lanciamo allarmi sulla grande criticità del nostro servizio sanitario nazionale, le liste d’attesa, un problema che c’era anche in passato e che con il Coronavirus è esploso in tutta la sua tragicità. Da marzo a fine maggio sono state sospese tutte le visite, gli interventi e le prestazioni considerati non salva vita. Però se un paziente aveva in programma un intervento chirurgico che in quel momento non era urgente, l’attesa di settimane, mesi può aver peggiorato le sue condizioni”.

C’è chi doveva essere operato all’anca e che a causa del rinvio dell’intervento adesso non riesce più a camminare. Chi deve fare una diagnosi oncologica ma i tempi per gli accertamenti si sono dilatati. E chi si trova in situazioni ancora più complesse come il paziente malato di Parkinson che è stato costretto a saltare la visita di controllo di marzo. “Anche quando sono stati riaperti i servizi la visita non è stata fissata – riprende Mori -. Nel frattempo questa persona è peggiorata, è in preda alle allucinazioni a causa dei farmaci, ha perso molte funzionalità”.

Sono gli effetti, o meglio i danni collaterali della pandemia e sono sotto gli occhi di tutti. Secondo i calcoli del Centro di ricerca in economia e management in Sanità dell’università Carlo Cattaneo per Dataroom, da marzo a maggio sono saltati 12,5 milioni di esami diagnostici, 20,4 milioni di analisi del sangue, 13,9 milioni di visite specialistiche e oltre un milione di ricoveri. “Prestazioni che sono state recuperate solo in minima parte in questi mesi, e non dappertutto alla stessa maniera – dichiara Fabrizio Ghidini di Federconsumatori -. Nelle tre manovre varate dal governo in questi sette mesi di crisi pandemica sono stati stanziati tra gli otto e i nove milioni di euro, a cui vanno aggiunte le risorse delle Regioni. Un conto però è stanziarle e un altro è spenderle e farlo bene, con piani che siano omogenei sul territorio nazionale, perché la divaricazione tra Nord e Sud è una forbice che si sta allargando sempre di più. Lo dimostra questa seconda ondata di contagi che a differenza della prima sta interessando tutte le regioni, comprese quelle del centro e del meridione, che si trovano in grande affanno”.

Nel XVIII rapporto nazionale di Cittadinanzattiva sulle politiche della cronicità che raccoglie il racconto di 34 associazioni di pazienti con malattie croniche, emerge che più di due persone su cinque hanno avuto visite, esami o interventi cancellati, più di uno su tre ha avuto difficoltà a restare in contatto con gli specialisti e i centri di riferimento per la propria patologia; più di uno su dieci non aveva a disposizione i dispositivi di protezione individuale o non ha trovato i farmaci di cui aveva necessità perché, molto spesso, utilizzati per i pazienti covid. “Anche i medici sono preoccupati per la situazione attuale, perché l’allungamento delle liste d’attesa e la riduzione delle attività stanno portando a un aumento della mortalità della popolazione – afferma Marco Geddes da Filicaia, medico, dirigente dell’Azienda sanitaria di Firenze, ex assessore del Comune -. Uno studio condotto in 54 ospedali dalla Società italiana di cardiologia per valutare i pazienti acuti ricoverati nelle terapie intensive coronariche, ha registrato durante il periodo covid una mortalità tre volte maggiore rispetto al 2019, passando dal 4,1 al 13,7 per cento. Un aumento dovuto per lo più a infarti non trattati o trattati tardivamente. Lo stesso problema può essersi verificato anche per altre patologie tempo-dipendenti come l’ictus e i traumi. Questo perché gli ospedali concentrati sull’emergenza coronavirus hanno ritardato o riprogrammato tutto il resto, mentre le persone per timore di andare in una struttura sanitaria hanno rinviato ricoveri e visite. Negli ultimi dieci anni abbiamo perso 48 mila unità di personale, e in questi mesi ne abbiamo recuperato una parte, circa 30 mila tra medici e infermieri. Ma resta il nodo della formazione soprattutto per le terapie intensive, dove la specializzazione è fondamentale”.

Se non si corre ai ripari, la situazione con questa nuova ondata di contagi non potrà che peggiorare. La Campania ha deciso di sospendere le prestazioni considerate non essenziali, verso la stessa decisione stanno andando anche Lombardia e Piemonte. E interrompere gli screening vuol dire non fare le diagnosi precoci, con il rischio di andare incontro nel futuro a un aumento dei casi.