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Dopo oltre quattro anni e più di 130 udienze, è arrivata oggi a Vicenza la sentenza di uno dei più grandi processi per reati ambientali nella storia d’Italia. Al centro, l’inquinamento da Pfas provocato per anni dall’azienda chimica Miteni di Trissino (Vicenza), le cui responsabilità penali sono state accertate dalla Corte d’Assise. Condannati 15 ex dirigenti dell’azienda e delle multinazionali proprietarie Mitsubishi Corporation e ICIG.
Cgil: “Svolta storica per l’ambiente e la salute”
“La sentenza, con pene durissime, afferma con chiarezza il principio che chi inquina deve pagare”, ha dichiarato Silvana Fanelli, della segreteria regionale Cgil Veneto. Per il sindacato, questo è solo un primo passo in un percorso che riguarda la salute pubblica, la sicurezza sul lavoro e la sostenibilità ambientale. Fanelli ha rilanciato le prossime battaglie: “Serve una bonifica urgente del sito Miteni, acqua pulita per le popolazioni coinvolte, analisi alimentari trasparenti e una messa al bando definitiva delle sostanze Pfas”.
Zanni (Cgil Veneto): “Lavoratori avvelenati, andremo fino in fondo”
Per la Cgil, la tutela della salute non riguarda solo l’ambiente, ma anche i diritti dei lavoratori esposti alle sostanze tossiche. Giampaolo Zanni, del Dipartimento Salute e Sicurezza Cgil Veneto, ha ricordato che “le prime vittime sono state i dipendenti della Miteni, contaminati da livelli di Pfas nel sangue tra i più alti al mondo”.
Zanni ha citato anche una recente sentenza del Tribunale di Vicenza che ha riconosciuto il nesso causale tra esposizione professionale ai Pfas e il tumore che ha ucciso un ex dipendente della Miteni/Rimar, condannando l’Inail a corrispondere le prestazioni ai familiari. “È un precedente fondamentale. Ora – ha aggiunto – andremo avanti finché tutti i lavoratori colpiti avranno giustizia”.
La Cgil è parte civile nel processo
La Cgil e la Filctem Cgil si sono costituite parti civili nel processo, a dimostrazione del loro impegno storico nella difesa della salute pubblica. La sentenza di oggi, spiegano, non chiude una vicenda, ma ne apre una nuova: quella del riconoscimento pieno dei diritti delle persone colpite da uno dei più gravi scandali ambientali degli ultimi decenni.