Stato di agitazione e due giorni di sciopero alla Trèves Italia di Cazzano Sant’Andrea (Bergamo), dopo l’annuncio dell’azienda (comunicato lunedì 22) di voler chiudere lo stabilimento. Lo stop dei 40 lavoratori si tiene oggi (mercoledì 2 aprile) e venerdì 26. La società ha anche dichiarato di voler invece mantenere il suo secondo impianto italiano, sito ad Aprilia (Latina).

A motivare la decisione della multinazionale, produttrice di tappetini e cappelliere per auto, è la situazione di Stellantis, di cui è committente. Da un lato c’è il calo dei volumi produttivi dell’impianto di Mirafiori, dall’altro Treves ha acquisito commesse con gli stabilimenti meridionali dell’ex Fiat (come Melfi e Pomigliano), molto lontani da Bergamo. Da qui la decisione di chiudere il sito di Cazzano.

Il piano dell’azienda, dunque, è quello di interrompere al più presto i contratti in somministrazione attualmente in essere, per poi chiudere la fabbrica lombarda in luglio. Per i lavoratori sarebbe prevista una cassa integrazione straordinaria, cui si aggiungerebbero incentivi all’esodo e progetti di outplacement.

La posizione dei sindacati

“Siamo ben consapevoli delle ricadute del calo di volumi di Mirafiori, ma al tempo stesso riteniamo che l’incertezza attuale dell’andamento dell’automotive e del suo indotto porti necessariamente a dover fare valutazioni ben più caute”, spiegano Giuseppe Errico (Filctem Cgil Bergamo) e Milena Occioni (Femca Cisl Bergamo).

“Ci risulta che Mirafiori stia utilizzando un contratto di solidarietà”, continuano i due esponenti sindacali: “Avremmo ritenuto più congruo utilizzare lo stesso strumento anche per Treves Italia, tanto più che la produzione relativa alla Panda sta continuando a buon regime, con volumi aumentati al limite della capacità produttiva bergamasca”.

Errico e Occioni evidenziano che “per i lavoratori è stata una doccia fredda. Poco più di un mese fa il responsabile dell’impianto di Cazzano parlava di un forte incremento degli straordinari e di una prima valutazione del ciclo continuo. In quell’occasione si è chiesto ai lavoratori un impegno per rispettare le scadenze con i clienti e rispondere a una nuova politica di magazzino. Ora la situazione viene mostrata come completamente invertita”.

“È una decisione che viene da lontano, senza rispettare quelle logiche di responsabilità sociale che dovrebbero legare l’imprenditore al territorio”, proseguono: “In questo caso ancor tanto più grave perché impatta con molti lavoratori con decennali anzianità di servizio che, dopo aver collaborato per l’azienda per anni, si trovano a pochi anni dalla pensione, senza però poterla raggiungere con due anni di Naspi”.

I dirigenti bergamaschi di Filctem Cgil e Femca Cisl così concludono: “Ci auguriamo che il gruppo Treves possa rivalutare la propria posizione e, dopo un analisi più strutturata dei dati, decida di utilizzare ammortizzatori sociali che consentano la ripresa delle attività produttive”.