Non è solo il settore privato a servirsi dei contratti di somministrazione. A fare ricorso a queste forme di impiego precario è anche la pubblica amministrazione. È il caso dei 1.300 lavoratori reclutati tra marzo e giugno scorso dal ministero dell’Interno per fare sportello nelle prefetture e nelle questure di tutta Italia. Sei mesi per occuparsi del settore immigrazione, coadiuvare le strutture nella gestione e conclusione delle pratiche, raggiungere obiettivi ambiziosi per lo smaltimento degli arretrati. Laureati, con alti profili professionali e skill complessi, come si usa dire. Sei mesi, e dopo? Non si sa. Le sorti di questi giovani assunti da due agenzie, Manpower e Gi Group, che si sono aggiudicate i bandi del Ministero, sono sconosciute. Eppure lavoro ce ne sarebbe in abbondanza.

“Insieme alla Funzione Pubblica abbiamo chiesto e ottenuto un incontro al ministero dell’Interno, che si è tenuto con il capo dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – spiega Giuseppe Cillis, di Nidil Cgil -. E abbiamo esposto due questioni, una politica e un’altra più prettamente tecnica. La prima si riferisce alle modalità con cui il governo affronta il tema dell’immigrazione, che è sempre di tipo emergenziale. Si cerca di risolvere il qui e ora senza uno sguardo d’insieme”. I due bandi che hanno portato alle 1.300 assunzioni a termine, infatti, sono legati al decreto flussi, ma sono sotto gli occhi di tutti le carenze strutturali dei servizi a supporto dei quali si è fatto ricorso ai contratti di somministrazione. “Poi c’è la questione della continuità occupazionale – riprende Cillis -. Ci rendiamo conto che per assumere ci vuole un concorso, ma a questi lavoratori così professionalizzati, che adesso si sono anche specializzati, che conoscono le normative e i formulari, bisogna garantire di poter proseguire l’attività. I primi contratti scadranno il 21 settembre, e poi, via via, toccherà anche agli altri”.

Il rappresentante del ministero ha ascoltato le ragioni del sindacato e ha assicurato che entro settembre si terrà un altro incontro. Nel frattempo, però, per dare continuità occorre reperire le risorse. “Ci arrivano segnalazioni che le prefetture stanno chiedendo che queste prestazioni fornite dai lavoratori precari possano proseguire a livello territoriale. Insomma, le missioni non sono finite, c’è bisogno del loro supporto, ma sono necessari finanziamenti” afferma Cillis. Nel frattempo i lavoratori e le lavoratrici si sono organizzati, hanno pensato che ci fosse bisogno del sindacato per portare avanti le loro istanze. E hanno pensato bene. Si sono iscritti al Nidil e hanno eletto cinque Rsa, rappresentanti sindacali aziendali che stanno ponendo sia il problema della stabilizzazione che la questione dell’immigrazione, un tema complesso e delicato che però non viene trattato in maniera adeguata dallo Stato italiano. La dimostrazione? Molti sportelli sono presidiati esclusivamente dal personale somministrato, lì dove la legge prevederebbe invece un lavoro in affiancamento. Intanto, migliaia e migliaia di pratiche rimangono in giacenza nelle prefetture d’Italia: non tutte le città sono in ritardo, ma molte sì. E gli arretrati equivalgono a persone che potrebbero essere regolarizzate, immigrati che sono senza permesso di soggiorno e che anche se hanno le carte in regola, non si vedono riconosciuto questo diritto.