“Cosa c’entra il sindacato dei pensionati con un tema come la contrattazione? Eppure c’entra, qualcosa può essere che c’entri”. Esordisce così Ivan Pedretti, segretario generale dello Spi all’assemblea nazionale della Cgil “Rispetto per il lavoro”, il 12 settembre a Bologna. E aggiunge: il sindacato si trova in una fase drammatica del rapporto con una parte importante dei lavoratori, al suo interno ha contraddizioni sulle quali occorre andare in profondità per comprenderle e affrontarle.

Lo spunto per la riflessione arriva dalla strage di Brandizzo, cinque operai travolti da un treno mentre erano impegnati nella manutenzione delle rotaie in provincia di Torino. “Il figlio della mia compagna, che lavora nelle ferrovie, mi dice che è abbastanza normale che si faccia così – spiega Pedretti -. Succede in ogni momento, in ogni fase dell’attività: per recuperare tempo e soldi si tolgono diritti ai lavoratori. E questo avviene con il consenso di chi è impiegato a tempo pieno, in Rfi, di chi non è in aziende in appalto. Questo ci mette di fronte alla nostra capacità o non capacità di negoziare e di contrattare”.

L’ipotesi che un pezzo della rappresentanza abbia introiettato un’idea corporativa, che chi ha condizioni di lavoro migliori non si occupa né si preoccupa di chi sta peggio, può essere fondata. Così come la dimensione degli appalti, dei sub appalti, dei sub-sub appalti possa essere accettata e con essa anche la riduzione delle tutele e dei diritti.

“Poiché rischiamo di scivolare verso una contrattazione meno inclusiva, quindi – riprende il segretario dello Spi -, dobbiamo rilanciare quella solidale tra lavoratori forti e deboli, altrimenti non ce la caviamo. La contrattazione nazionale non corrisponde più alle trasformazioni che stanno avvenendo”.

Già, ma come ricostruire la capacità contrattuale del sindacato? Innanzitutto occorre scongiurare il pericolo del ritorno alle gabbie salariali, che tra gli anni Cinquanta e Sessanta vedevano lavoratori svolgere le stesse mansioni ma percepire salari diversi a seconda della regione, a volte della città in cui abitavano.

“E poi riformare il sistema contrattuale, sfidando Confindustria oltre che il governo – dice Pedretti -, ricostruendo i rapporti di forza, che ci vedono più deboli, e andando fuori dai luoghi di lavoro e sul territorio. Quegli addetti dei sub appalti dove trovano la mia Cgil, se non nel territorio? Dobbiamo aprire le sedi e non chiuderle, interessarci alla vita quotidiana delle persone, raccordando i vecchi con i giovani.

Infine, la mobilitazione, che si può fare in tanti modi: lo sciopero generale, certo, ma anche articolato per territorio, per area, per fabbrica. “Passeggiamo su una grande strada di viabilità – conclude Pedretti - e la rallentiamo, ricostruendo i rapporti di forza, per fare passi in avanti per il domani”.

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