Gli incidenti mortali sul lavoro non sono mai solo numeri. Ogni infortunio corrisponde ad una vita persa, ad un lavoratore che non rivedrà più i suoi cari. Ne è convinta la Cgil Lombardia, ricordando però che i numeri sono comunque importanti per analizzare il fenomeno. E che nella sola regione, al 2 settembre, si sono registrati ben 41 morti. E che le cifre fornite dalle istituzioni regionali spesso non concordano.

“Una prima riflessione - continua il sindacato - è sulle responsabilità morali e politiche. Farsi carico delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è solo un valore etico del lavoro, della dignità della persona? E’ compito solo del sindacato? perché la politica e la società non se ne fanno carico?”

I numeri, però, “sono necessari”, servono a “creare le condizioni per elaborare procedure e norme tendenti a migliorare le condizioni di prevenzione e ipotizzare nuovi investimenti in salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.

Il sindacato sottolinea, tra l’altro, una “situazione alquanto fastidiosa e sgradevole”, che da diverso tempo la Cgil evidenzia in sede di Tavolo istituzionale regionale: “Il confronto tra i dati forniti dall’assessorato Welfare regionale e Inail mette in evidenza dati discordanti: “nel primo semestre 2019 Inail registra ben 88 infortuni mortali (+ 4,35%) in Lombardia (di cui 62 in occasione di lavoro e 26 in itinere), contro i 41 attuali ufficializzati dal registro regionale infortuni mortali”.

Quindi i lavoratori morti per causa di lavoro, allo stato dei fatti, sono sicuramente molti di più di quanti non ne indichi il registro di Regione Lombardia. Sul piano regionale, relativamente al mese di agosto, “il dato evidenziato dall’assessorato welfare al 31 luglio indica comparativamente un incremento di circa il 25%. Se tale trend dovesse confermarsi, e auspichiamo un arresto dello stillicidio in atto, il dato a fine anno assumerebbe un valore a dir poco catastrofico”.

Per la Cgil ci sono sicuramente alcune cause scatenanti: “Il mese di agosto è ritenuto da taluni imprenditori un mese ‘tranquillo’ per quanto riguarda la vigilanza”, quindi “si allenta ancor più l’attenzione relativa alle procedure di sicurezza”. Spesso a questo si somma “l’assenza totale o la cattiva formazione dei lavoratori”, accompagnata da “un’informazione inesistente sui rischi”. Oltretutto, in molti casi, il rapporto di lavoro è “di urgente ed estemporanea necessità da parte dei contraenti”.

A questo scenario, poi, va aggiunto che tutta la materia riguardante la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro è “demandata alla responsabilità della Regione. È la politica di chi governa in Lombardia che dovrebbe occuparsi di intervenire con determinazione”. Se la giunta regionale – conclude il sindacato - pensa che gli unici stanziamenti sul settore debbano essere le risorse derivanti dai proventi delle sanzioni comminate alle imprese”, allora “siamo molto lontani dai temi della responsabilità attribuita alle Regioni e lontanissimi da un vero sistema di prevenzione”.