Per Maurizio Landini la radice dello sciopero generale è chiara: “La legge di bilancio continua a togliere potere d’acquisto, spinge più avanti la pensione, taglia la sanità e la scuola, ma intanto trova i soldi per le armi”. La mobilitazione del 12 dicembre non nasce da un capriccio, ma da un accumulo di ingiustizie fiscali, sociali, salariali.
Le polemiche sul venerdì
Sulla critica dello sciopero di venerdì Landini è netto: “Quando un lavoratore decide di partecipare a uno sciopero ci rimette il proprio stipendio. Farlo di lunedì o di venerdì non cambia nulla”. Il governo “non ha aperto alcuna trattativa su pensioni, fisco, salute, sicurezza, politiche industriali” e allora resta solo la piazza. “È un diritto sancito dalla Costituzione. Chi non vuole aderire non lo fa”.
Il primo sciopero generale: Roma 1977
Landini ricorda bene il suo debutto nelle lotte: “Ero un apprendista metalmeccanico di poco più di 16 anni. Nel 1977 partecipai al mio primo sciopero generale, con manifestazione nazionale a Roma”. Fu un viaggio notturno da Reggio Emilia su un treno speciale, pieno di delegati e discussioni. “Mi colpiva l’intelligenza, la capacità di affrontare i problemi. C’era la consapevolezza che lo sciopero non era solo protesta, ma uno strumento per incidere sulle scelte del Paese”. L’arrivo a San Giovanni fu per lui una rivelazione: “Una cosa nuova, viva, da cui ho imparato molto”.
Numeri che raccontano un Paese in crisi
Per spiegare le ragioni della protesta, il segretario generale della Cgil ricorre ai dati: “I profitti non sono mai aumentati tanto come adesso e i salari sono in calo”. La produzione industriale scende da 32 mesi, cresce la cassa integrazione, interi settori sono a rischio. Ogni anno quasi centomila giovani lasciano l’Italia “perché il livello di precarietà e di sotto salario non consente di costruirsi una vita”.
Uno sciopero che nasce dall’ascolto
Lo sciopero non si improvvisa. Landini racconta l’incontro con una lavoratrice costretta a scegliere tra lo sciopero e le visite mediche della figlia: “Mi ha detto: condivido lo sciopero, ma devo decidere se viene prima la visita di mia figlia o la giornata di sciopero”. Una testimonianza che mostra una sanità pubblica impoverita. “Paghi i contributi e poi, se non ripaghi, non ti curi. Non è accettabile”. Intanto “il governo taglia la sanità pubblica ed è pronto a investire per le armi o a fare condoni fiscali”.
La questione fiscale e i 25 miliardi sottratti al lavoro
Il nodo fiscale è centrale. “Il 90% dell’Irpef la pagano i lavoratori dipendenti e i pensionati”. Negli ultimi tre anni il drenaggio fiscale ha prodotto “25 miliardi di tasse pagate in più che non dovevano essere pagate”. La Cgil propone adeguamenti automatici a inflazione e un contributo di solidarietà. “Chiediamo che 500.000 persone con una ricchezza netta oltre i 2 milioni diano un contributo. Rimangono ricche lo stesso”.
Giovani in fuga e lavoro svalutato
Capitolo giovani e la condizione di molti di loro costretti a lasciare l’Italia. “Ogni anno centomila ragazzi scappano dal Paese perché il livello di precarietà, sotto salario e mancanza di prospettive non permette di costruire una vita”. È il risultato di un sistema senza regole sulla rappresentanza, che lascia spazio a contratti pirata e sfruttamento. Da qui la richiesta della Cgil: una legge sulla rappresentanza e un salario orario minimo che impedisca abusi e riporti dignità al lavoro.
Pensioni e precarietà: un sistema che non regge
Sulla previdenza il giudizio è severo. “Questa maggioranza aveva promesso di cancellare la Fornero. Invece stanno facendo cassa sulle pensioni più di qualsiasi altro governo”. Le uscite flessibili sono bloccate. “Rischiamo di arrivare a 70 anni come età pensionabile”. E nel sistema contributivo “chi è precario nella vita sarà precario anche nella pensione”.
Sicurezza sul lavoro, un’emergenza ignorata
Le tragedie recenti confermano il quadro. “Quando una persona di 66 o 67 anni è costretta ancora a lavorare in edilizia, ti dimostra una doppia ingiustizia”. Gli incidenti e le morti su lavoro aumentano e il sistema degli appalti alimenta sfruttamento e rischio. Si varano norme che “peggiorano la situazione”, sollevando le imprese committenti dalle responsabilità di filiera. “I diritti non si appaltano. La sicurezza deve diventare una carta d’identità dell’impresa”.
L’appello a chi è ancora indeciso
Landini, infine, si rivolge direttamente a chi pensa che scioperare sia inutile: “Se non siamo noi a scendere in piazza per difendere i nostri diritti, non ci sarà nessuno che lo farà al posto nostro”. Lo sciopero serve a rimettere al centro “il lavoro e la persona, non il profitto e la competizione”. E aggiunge: “Se non ti mobiliti, se non fai nulla, è già finita prima ancora di cominciare”. Il 12 dicembre, conclude, “è nell’interesse di ognuno fare la propria parte. Solo insieme possiamo cambiare questa situazione”.























