Una tessera sindacale in tasca da oltre vent'anni e da venticinque dipendente del gruppo Star, nella sede di Monza Brianza. Un iscritto alla Cgil che, come troppi, sconta il proprio impegno. A inizio gennaio riceve una lettera di richiamo in cui gli viene contestato l'uso non corretto della mascherina. Viene sospeso immediatamente e dopo un mese lasciato a casa. 

"Una contestazione pretestuosa - denuncia la Flai Cgil provinciale - non una normale procedura a cui l'azienda può legittimamente ricorrere quando un dipendente sbaglia, ma un’azione discriminatoria contro un lavoratore da anni impegnato nel sindacato".

La reazione dei colleghi è stata immediata e il prossimo mercoledì 10 febbraio incroceranno le braccia perché - dicono - "tutti devono essere liberi di esprimere la propria opinione senza avere paura di incorrere in sanzioni". La direzione aziendale ha già provato a dissuaderli, aggiunge la Flai: "Li ha chiamati in ufficio. Un atto gravissimo tanto che abbiamo diffidato il  gruppo dal proseguire con tali atteggiamenti e stiamo valutando la possibilità di denunciare l’azienda per attività antisindacale".

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Il 2021 è iniziato da poco e questo non è il primo licenziamento di questo genere che tocca la categoria. Nelle ultime settimane altri due casi. A Parma è toccato a Nicola Comparato, delegato sindacale cacciato dalla Ferrarini per insubordinazione. A Roma a Safi Mohammed Said, lavoratore del panificio Grande Impero, colpevole, si fa per dire, di aver preso un pezzo di pane.

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Azioni che hanno già spinto a intervenire il segretario generale della Flai Cgil. Solo qualche giorno fa Giovanni Mininni aveva dichiarato che il sindacato non si sarebbe fatto intimidire e che non avrebbe mai permesso "che nelle fabbriche si torni a prima degli anni ’70, quando non esisteva la democrazia nei luoghi di lavoro e, invece degli imprenditori, ci trovavamo a lottare contro i padroni delle ferriere".

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