A una settimana dallo sciopero indetto per il 22 dicembre è caduto nel vuoto il tentativo in extremis dei sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs di rinnovare i contratti collettivi nazionali di lavoro del terziario, distribuzione e servizi scaduti nel 2019.

Il 7 dicembre, in occasione del previsto incontro con la Confcommercio finalizzato all’espletamento del tentativo preventivo di conciliazione, coerentemente alle previsioni normative e regolamentari sul diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali nei settori della distribuzione intermedia farmaceutica e dei servizi museali, l’associazione datoriale si è dichiarata disponibile a riprendere il confronto negoziale per l’agognato rinnovo del Ccnl.

Inaspettatamente le segreterie generali di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs si sono viste recapitare una stringata convocazione – a firma sia di Confcommercio che di Confesercenti – di un “incontro unitario” da tenersi il 14 dicembre, finalizzato a “consentire una rapida e proficua conclusione della vertenza per il rinnovo dei ccnl terziario”.

Per tutta risposta, le segreterie generali, hanno inviato a Confcommercio e Confesercenti una nota, anche questa unitaria, con la quale hanno espresso la volontà di riprendere il negoziato, a condizione che fossero rimosse dal tavolo le condizioni pregiudiziali poste nel corso delle trattative e che ci fosse quindi la disponibilità ad erogare un aumento salariale così come previsto dagli indici relativi all’inflazione, prendendo in considerazione tutto il periodo dalla scadenza del ccnl.

Com’è noto, Confcommercio pretende, in cambio di un incremento salariale, mai quantificato, di avere indietro delle contropartite “pesanti”, intervenendo su istituti importanti quali i permessi retribuiti, 14° mensilità, scatti di anzianità e implementazione selvaggia della flessibilità oraria (che attualmente il ccnl prevede, in via generale, in 44 ore settimanali lavorate per 16 settimane e in due ipotesi aggiuntive rimesse alla contrattazione di secondo livello).

Il fulmineo riscontro delle due confederazioni ha condensato in tre righe la presa d’atto della “evidente volontà di non procedere ad un reale e compiuto confronto schiettamente orientato alla più tempestiva definizione dell’accordo di rinnovo del ccnl terziario” delle organizzazioni sindacali.

Evidentemente ai sindacati viene rimproverato di non voler sacrificare diritti importanti per tante lavoratrici e tanti lavoratori per avere in cambio un incremento retributivo dovuto.

Con ogni probabilità, secondo Confcommercio e Confesercenti, per dare vita “ad un reale e compiuto confronto schiettamente orientato alla più tempestiva definizione dell’accordo di rinnovo del ccnl” bisogna fare strage dei diritti di chi lavora.

Per chi come Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs crede nell’importanza fondamentale del negoziato e svolge con senso di responsabilità il proprio ruolo, determinate scelte datoriali appaiono unicamente improntate a precostituire qualche pseudo argomento da esibire nell’ennesima intervista farcita da imprecisioni grandi e piccole, ma sempre ed inesorabilmente priva di verità.

La triste cronaca della falsa ripartenza delle trattative, tuttavia, non annulla i propositi dei sindacati e, anzi, rafforza le convinzioni rispetto l’urgenza di dare un rinnovo dignitoso alla più vasta platea di lavoratrici e lavoratori del settore privato in Italia, con oltre 3 milioni di addetti impiegati nelle imprese del terziario, distribuzione e servizi, della distribuzione moderna organizzata e della distribuzione cooperativa.

In più riprese Filcams, Fisascat e Uiltucs hanno dimostrato di avere grande senso di responsabilità nei momenti di difficoltà del settore. L’auspicio delle tre federazioni è che ora prevalga anche da parte delle associazioni imprenditoriali il senso di responsabilità e della misura: non rinnovare i contratti nazionali per 4 anni non dovrebbe consentire a nessuno di ricorrere ad espedienti tattici che arrecano l’ennesima offesa a quanti generosamente ogni giorno consentono alle imprese di questo complicato macrosettore di operare e consolidarsi nei mercati di riferimento.

Il 22 dicembre 2023 scioperare servirà anche a ricondurre la dialettica fra le parti nell’ambito di un serio confronto, rispettoso della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori del settore, orientato al merito e neutralizzando ogni tentativo di svilire e derubricare la trattativa a una parentesi comica.