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A Tolentino non si produrranno più agende e diari. Questa la decisione della Castelli (meglio nota come “ex Nazareno Gabrielli”) che il 22 maggio ha annunciato ai sindacati l'intenzione di interrompere la produzione nello stabilimento in provincia di Macerata, con il conseguente allontanamento di 25 lavoratori (su 41 complessivi).
Entro la fine della settimana sarà avviata la procedura di licenziamento collettivo. Nell’impianto marchigiano (attualmente oggetto di una ristrutturazione in seguito ai danni provocati dal sisma dell’ottobre 2016) dovrebbero rimanere solo la logistica e il magazzino, con appena 16 addetti. Per oggi (martedì 27 maggio) è previsto un nuovo vertice tra azienda e sindacati.
Gli ultimi anni dell’impianto sono stati difficili. Nel 2021 (i dipendenti allora superavano le 100 unità) si verificarono ritardi nel pagamento degli stipendi, poi l’impresa finì in concordato. Nell’aprile 2023 venne annunciato un piano di rilancio, centrato proprio sulle agende di alta qualità realizzate a Tolentino. Adesso, invece, quel progetto è stato ritirato, la decisione aziendale è di mantenere la produzione solo nell’impianto di Bergamo.
Sindacati: “Territorio già colpito da crisi e terremoto”
“L’azienda smette definitivamente questo tipo di attività, ossia la produzione storica della seconda fase, tolta la pelletteria. E questo è un punto fermo”, spiegano Stefano Tordini (segretario Slc Cgil Macerata) e Alessandro Gay (segretario Fistel Cisl Marche): “Il futuro di una delle più importanti realtà manifatturiere delle Marche terminerà dunque entro giugno”.
Tordini e Gay evidenziano che “la zona è stata colpita prima da una grave crisi manifatturiera e poi dal sisma. Anche la perdita di un solo posto di lavoro è un problema. Il timore maggiore, dunque, è sul versante delle lavoratrici e dei lavoratori. Vedremo le possibilità di ricollocamento in un perimetro locale, ma sono tutte cose che non possiamo programmare né quantificare”.
Slc e Fistel, in conclusione, chiedono alle “istituzioni comunali, provinciali e regionali di intervenire per frenare la dismissione di una tradizione che fa parte del tessuto sociale del territorio, anche in considerazione del fatto che l’azienda non ha più ammortizzatori sociali da utilizzare”.