PHOTO
Il momento delle scelte è adesso. La pandemia, la guerra, la transizione ambientale ed energetica stanno mettendo a dura prova il Paese e la società civile. Vanno assunte decisioni importanti, è ora che si disegna il futuro. In questo processo la Cgil vuole essere protagonista: da qui l’avvio di una campagna di assemblee pubbliche delle Camere del lavoro, con la presenza di delegate e delegati e attivisti delle leghe, che si concluderà con una grande assemblea nazionale (in forma aperta) prevista a Roma, in piazza del Popolo, per sabato 18 giugno.
Il primo pensiero va al conflitto in corso, alla “criminale aggressione della Russia di Putin all’Ucraina”. Una guerra in cui “a soffrire sono anzitutto le lavoratrici e i lavoratori”, con effetti che travalicano i confini europei, dalla crisi alimentare alla crescita dell’instabilità in vaste aree del mondo. La Cgil si è impegnata da subito contro l’invasione russa e a sostegno degli ucraini, ma è consapevole che “la guerra non si ferma con la guerra, né con l’aumento delle spese militari”. Appunto, è il momento delle decisioni: serve “una nuova conferenza internazionale di pace, sul modello di Helsinki del 1975, per intraprendere la strada del disarmo, della coesistenza e di un nuovo multilateralismo”.
La crisi attuale, si diceva all’inizio, sta aumentando i divari e le diseguaglianze sociali e territoriali. “Bisogna investire – si legge nel documento ufficiale – per combattere ora vecchie e nuove povertà, per una società sostenibile improntata alla giustizia sociale, al lavoro stabile e dignitoso”. Il richiamo è anzitutto all’Europa: non si deve tornare alla politica di austerity, ma “rendere strutturale il modello di Next Generation Eu, per una politica economica espansiva che investa nello stato sociale e in un nuovo modello di sviluppo”.
Più Europa, dunque, ma soprattutto più Italia. Salari e pensioni sono sotto pressione, erosi giorno dopo giorno dall’inarrestabile crescita dell’inflazione. Ma il governo tarda a varare misure davvero efficaci. “Il bonus di 200 euro una tantum previsto dall’esecutivo – spiega la Cgil – è una prima risposta alle richieste sindacali, ma bisogna fare di più, aumentando il netto della busta paga e delle pensioni”.
Fare di più, giusto. Ma cosa? La Confederazione offre al dibattito pubblico un ventaglio di proposte: rafforzare il bonus energia allargando la platea dei beneficiari, aumentare la decontribuzione sui salari, incrementare il valore della quattordicesima per i pensionati (allargando, anche in questo caso, la platea), indicizzare le detrazioni per i lavoratori dipendenti e i pensionati, investire nella sanità, nel sociale, nell’istruzione.
In questi casi c’è sempre chi chiede: sì, ma le risorse? La Cgil non elude la questione, tutt’altro. Anche qui le soluzioni sono molte: è giunto il tempo sia di “prevedere un eventuale scostamento di bilancio per rispondere all’emergenza” sia di tassare gli extra profitti (su quest’ultima proposta, la Confederazione precisa che “il governo ci ha dato ascolto, portando dal 10 al 25% la tassazione delle imprese energetiche, ma non basta: ci sono altri settori in condizioni simili e si può ottenere di più”).
Per la Confederazione è anche necessario “introdurre un contributo di solidarietà straordinario sulle grandi ricchezze e sulle reali capacità contributive, cresciute anche durante la pandemia”. E non si può più tacere sull’urgenza di varare “una vera riforma fiscale progressiva e redistributiva”, come già chiesto nella piattaforma di Cgil, Cisl e Uil, sostenuta con lo sciopero generale di Cgil e Uil del 16 dicembre scorso.
E poi c’è il lavoro. Diventato sempre più instabile e sommerso, corrotto da fenomeni come il part time involontario e il finto lavoro autonomo. Il primo moloch da affrontare è la precarietà: bisogna “ridurre le tipologie contrattuali, per affermare la centralità del tempo indeterminato come forma comune di rapporto di lavoro”. Da qui anche l’esigenza di assumere a tempo indeterminato “le migliaia di precari che fanno funzionare scuole, uffici pubblici, sanità, assistenza”.
Il mercato del lavoro ha bisogno però anche di altre misure. Vanno allargati diritti e tutele del lavoro autonomo e parasubordinato, va introdotto un unico contratto d'inserimento al lavoro con percorso di formazione e garanzie di stabilità. È opportuno poi intervenire sul tempo determinato, legandolo a specifiche causali che rispondano solo a effettive e limitate necessità. Infine va istituita, nella non più rinviabile riforma della previdenza, la “pensione di garanzia per le carriere precarie e per i percorsi di lavoro discontinui, che dia certezza di reddito in prospettiva”.
Il lavoro non deve essere solo stabile, ma anche sicuro. “Bisogna aumentare i controlli ed eliminare le cause degli infortuni e delle morti sul lavoro”, scrive la Cgil: “Serve un netto contrasto alla precarietà, un intervento deciso sulla catena degli appalti e dei subappalti rendendo effettive ed esigibili la clausola sociale, il rispetto dei contratti nazionali e la pensione anticipata per chi fa lavori usuranti e gravosi”. Le imprese che godono di sostegni pubblici devono essere vincolate a investire in sicurezza e va ulteriormente aumentato il numero degli ispettori e potenziati i servizi di medicina del lavoro territoriali.
La Confederazione, infine, non tralascia le altre urgenze del Paese. C’è un Servizio sanitario nazionale da finanziare adeguatamente, un sistema d'istruzione pubblico da sostenere, una vera politica industriale da mettere in campo per affrontare la transizione digitale e ambientale, con “un intervento strutturato e governato per la riconversione dei settori produttivi più esposti e un piano con strumenti adeguati e ammortizzatori sociali specifici”. Il quadro del Paese è chiaro, insomma, e la Cgil sa cosa fare per uscire dalla crisi.