Scricchiola il futuro di oltre 400 lavoratori. Scricchiola il tessuto sociale nella provincia di Belluno, dove la chiusura di un'azienda che dà lavoro a centinaia di persone diventa decisiva. Desta anche non pochi sospetti questa fretta di chiudere laddove i guadagni, incrementati anche nell'ultimo anno, consiglierebbero altre scelte. Parliamo di Safilo, settore dell'occhialeria made in Italy, uno dei fiori all'occhiello della creatività e del gusto tipico del Belpaese. Non bastano ricavi in crescita dell'11% nel 2022. Sembra che il destino della sede di Longarone sia segnato. Il 26 gennaio, presso la sede di Veneto Lavoro, si è tenuto alla presenza dell’assessore Elena Donazzan l’incontro fra le organizzazioni sindacali e l’amministratore delegato Safilo Group Spa Angelo Trocchia che riportava all’ordine del giorno la voce “Aggiornamento situazione aziendale Safilo”.

(La segretaria generale della Cgil di Belluno, Denise Casanova. Video a cura di Jacopo Mastrangelo)

"L’azienda - si legge nella nota dei sindacati di categoria di Cgil Cisl e Uil, Filctem, Femca e Uiltec - ha comunicato prima alla stampa che ai lavoratori di considerare lo stabilimento Safilo di Longarone e i sui 472 lavoratori non più strategici, dopo che aveva condiviso con tutti gli attori politico-economici e sociali che quel sito avrebbe dovuto diventare il “gioiellino della produzione in metallo”.

"Non accettiamo nel modo più assoluto la comunicazione dell'azienda - ha detto con fermezza la segretaria generale della Cgil di Belluno, Denise Casanova, giudicandola di fatto inaccettabile -. Nel 2019 l'ad dell'azienda ci aveva detto che, grazie ai sacrifici imposti allora, la sede di Longarone sarebbe rinata. Come può oggi venirci a dire che sarà l'unica di quattro fabbriche a essere chiusa?". La Safilo conta infatti quattro centri di produzione. Oltre a Longarone nel bellunese, ci sono i capannoni di Padova, Bergamo e Santa Maria di Sala, provincia di Venezia.

Di "squarcio sia nelle relazioni industriali che nei contenuti" parlano i sindacati nel comunicato congiunto. "L’azienda - si legge nella dichiarazione - ha dimostrato un atteggiamento di mancanza di rispetto nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori e del territorio poiché nei precedenti incontri proprio l’azienda aveva sempre rassicurato il sindacato sostenendo la tenuta o lo sviluppo di tutti i siti produttivi veneti".

"Se vogliono chiudere Longarone - dice senza mezzi termini la segretaria della Cgil bellunese - cambino nome, perché Safilo sta per società azionaria fabbrica italiana lavorazione occhiali. Non li vai a fare da altre parti. Perché risanare l'azienda chiudendo tutti i siti produttivi in Italia lo sapremmo fare in tanti. Per altro la Safilo è stata costruita anche con i soldi del Vajont e questo non va dimenticato. Duemila morti per dare rilancio e sviluppo produttivo a un territorio. Stiamo perdendo tutti i pezzi". Safilo, con questa decisione, si legge nel comunicato, "va nella direzione di ritirarsi da Longarone e dal Paese poiché è prevedibile che nel tempo questa scelta possa far perdere strategicità anche allo stabilimento di Padova e a quello di Santa Maria di Sala che già lavora per conto terzi per la Kering Eyewear Spa".

"Non basta una riqualificazione dei lavoratori. Noi vogliamo che il valore industriale dello stabilimento storico rimanga su quel territorio e Safilo, la nuova Safilo, che ha partnership anche con grandi marchi del lusso, non deve lasciare quello sito".

"Se siamo in un momento in cui le parole d'ordine sono Dio, patria e famiglia - dice la dirigente sindacale -, la patria dov'è? Dov'è il salvataggio del made in Italy che stiamo perdendo? Lasciamo che le multinazionali facciano ciò che vogliono? Aspettiamo con pazienza una legge sulle delocalizzazioni che doveva già esserci da tempo".

"Sin da subito - si legge nella nota dei sindacati - attiveremo tutte le forme di mobilitazioni democratiche a sostegno dei lavoratori e per la difesa del patrimonio storico ed economico dell’occhialeria rappresentato dal sito di Longarone".