Nel conto ufficiale degli incidenti ancora non c’è, si ferma infatti al 31 ottobre, ma Michele Pisciotta, operaio specializzato di 67 anni è caduto da una impalcatura di via Libertà a Palermo lo scorso 30 novembre ed è morto. E la domanda che irrompe con forza è: ma come è possibile che un uomo di 67 anni sia costretto ancora a stare in cantiere, salire su una impalcatura? 

Assenza di controlli

“Ancora una volta – denuncia il segretario generale Fillea Cgil Palermo Piero Ceraulo - queste dinamiche si verificano in assenza di controlli, soprattutto nei cantieri privati. Il lavoratore è caduto da un’impalcatura a un’altezza relativamente bassa. Ma il tema è: perché a 67 anni si continua a lavorare rischiando incidenti mortali? È purtroppo una strage annunciata. E sicuramente gli interventi recenti del governo sulle pensioni tanto agognate dagli edili sono sempre più lontani. Nonostante sia stata confermata l’Ape sociale, per noi i 41 anni di contributi e i 62 anni di età non sono sufficienti per dare risposte agli edili palermitani e siciliani, in una realtà in cui la media dei contributi da noi, nel settore delle costruzioni, è di 27 anni. Chiediamo, come abbiamo sempre fatto, maggiori controlli”. 

E non è solo l’età avanzata a contribuire a causare incidenti. Dalle verifiche effettuate dalla Fillea Cgil Palermo nel sistema di Cassa edile ed Edil Cassa, il lavoratore non risulta censito e inquadrato come operaio edile. “Va verificata in che tipo di azienda lavorava, se un’azienda edile o del legno – aggiunge Ceraulo – se era un falegname dovrebbe aver applicato il contratto del legno presso un’azienda”.

La strage non si ferma

La strage non si ferma, e la salute e sicurezza sul lavoro sembra un tema sparito dall’orizzonte del governo. Certo, l’attenzione è concentrata sul non far arrivare migranti sulle nostre coste, e anche loro continuano a morire, tre accertati in questo fine settimana per il rovesciamento di un barcone vicino Lampedusa. O ancora, la priorità sembra esser facilitare la vita agli evasori e a chi grazie all’aumento della disponibilità di contante potrà più facilmente pagare in nero i lavoratori sfruttati, non certo impedire di morire per lavoro. Nonostante la sordità della politica la Cgil continua a promuovere iniziative e mobilitazioni per richiamare l'attenzione su questa strage.

90 morti al mese

Ma nonostante la disattenzione della maggioranza, l'Osservatorio Vega sulla Sicurezza di Mestre certifica: “Sono 909 i lavoratori che da gennaio a ottobre 2022 hanno perso la vita da Nord a Sud del Paese con una media di 90 vittime al mese, erano 88 fino a settembre 2022. Una media tragica che, oltre ad aumentare rispetto al mese precedente, sottende oltre 21 decessi alla settimana e circa tre infortuni mortali al giorno”. E sono proprio tutti da lavoro, le statistiche, infatti, non sono più condizionate dai numeri di decessi causati dal Covid preso sul posto di lavoro. Quel che è schizzato in alto è l’indicatore dei morti in itinere, ben 250 cresciuti di ben il 24% rispetto allo scorso anno, quando però era assai più diffuso lo smart working.

Gli infortuni crescono

Secondo l’Osservatorio “gli infortuni mortali non Covid sono cresciuti del 22% passando dai 735 di fine ottobre 2021 agli 899 del 2022. Quest’ultimo dato è del tutto analogo a quello del 2019, epoca pre-Covid, a dimostrazione che il tragico fenomeno delle morti sul lavoro sostanzialmente non subisce diminuzioni da anni. Dopo l’emergenza Covid, rimane quindi ancora ineluttabile purtroppo quella dell’insicurezza sul lavoro. Quella per cui non esistono vaccini, ma solo la prevenzione attraverso la formazione e l’aggiornamento di tutte le figure coinvolte nell’organizzazione aziendale: dal datore di lavoro ai dirigenti, fino ai preposti e ovviamente ai lavoratori”.

A crescere, purtroppo, non sono solo gli incidenti mortali ma anche gli infortuni, le denunce totali di infortuni sono cresciute del 33% rispetto al 2021, arrivando a quota 595.569; con il settore della Sanità sempre in testa alla graduatoria degli infortuni in occasione di lavoro (75.034 denunce); seguono: attività manifatturiere e trasporti.

Gli stranieri muoiono di più

E c’è un dato che stride davvero e che meriterebbe una riflessione approfondita, che probabilmente non ci sarà: “Gli stranieri deceduti in occasione di lavoro sono 120, cioè oltre il 18% del totale. Anche qui l’analisi sull’incidenza infortunistica svela chiaramente che gli stranieri hanno un rischio di morte sul lavoro più che doppio rispetto agli italiani. Gli stranieri, infatti, registrano 53,2 morti ogni milione di occupati, contro 26,6 italiani che perdono la vita durante il lavoro ogni milione di occupati”.

Quanto rischiano gli over 55

Purtroppo Piero Ceraulo non è un caso straordinario. A stare ai numeri si scopre che la fascia d’età più colpita dagli infortuni mortali sul lavoro è sempre quella tra i 55 e i 64 anni (255 su un totale di 659). Ma l’indice di incidenza più alto di mortalità rispetto agli occupati viene rilevato ancora tra i lavoratori più anziani, gli ultrasessantacinquenni, che registrano 85,1 infortuni mortali ogni milione di occupati. L’incidenza di mortalità minima rimane, invece, ancora nella fascia di età tra 25 e 34 anni, (pari a 14,6), mentre nella fascia dei più giovani, ossia tra 15 e 24 anni, l’incidenza risale a 25,7 infortuni mortali ogni milione di occupati. Questi dati confermano anche alla fine dei primi dieci mesi del 2022 che la maggior frequenza di infortuni mortali si riscontra tra i lavoratori più vecchi.

Eppure molto si potrebbe fare e non si fa per ridurre questi numeri. Innanzitutto, impedendo che su impalcature e trattori salgano uomini e donne anziani, e poi occorre urgentemente costruire una cultura della sicurezza sulle solide fondamenta della formazione, dell’utilizzo della contrattazione di anticipo e della prevenzione. Servono risorse e la convinzione che il lavoro o è dignitoso o è sfruttamento.

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