L’allarme risuona ormai da ogni parte. L’aumento della bolletta energetica e l’impennata dei costi delle forniture stanno creando difficoltà a molte imprese, con alcuni settori (quelli considerati più “energivori”) che rischiano davvero il collasso. Le parti sociali chiedono interventi urgenti a sostegno di cittadini e imprese, nel frattempo iniziano le richieste di cassa integrazione e si registra addirittura qualche fallimento. Insomma, l’autunno si annuncia davvero difficile.

A dimostrarlo sono anche gli ultimi dati dell’Inps sulla cassa integrazione. Nel periodo che va da gennaio a luglio la cig è aumentata del 45,65% rispetto allo stesso periodo 2021, coinvolgendo maggiormente i settori del commercio (+103,6%), industria (+35,8%) ed edilizia (+34,8%). Da sottolineare è l’accelerazione di giugno, dove si è registrato un aumento del 49,8% rispetto a maggio, proseguita poi anche in luglio (+25,2% sullo stesso mese del 2021).

Partiamo dall’Emilia Romagna, in particolare dal distretto della ceramica dell’Emilia Centrale. Un comparto fortemente energivoro, a causa dei forni che debbono lavorare a ciclo continuo. Nel 2021 il prezzo del gas al metro cubo era intorno ai 23 centesimi, con gli ultimi rialzi siamo arrivati addirittura a tre euro. Per un metro quadro di piastrelle servono in media tre metri cubi di gas: è evidente, dunque, che il prezzo del singolo prodotto schizzi quasi fuori mercato, a tutto vantaggio della concorrenza straniera (come India, Cina e Turchia) che riesce a praticare prezzi più bassi.

Nel distretto, dunque, le imprese riaprono più tardi o annunciano richieste di cassa integrazione. Le maggiori difficoltà le hanno le aziende medio-piccole e quelle che non hanno contratti di fornitura d’energia a prezzo fisso. “Se non si agisce immediatamente, ad esempio rivedendo la tassazione sugli extra-profitti del settore energetico, il costo sociale della crisi rischia di diventare pesantissimo”, spiega la Filctem Cgil di Modena: “E quest'ultimo aspetto richiama anche le imprese del territorio a un forte senso di responsabilità”.

Già in marzo nel distretto ceramico si segnalavano circa 30 stabilimenti fermi e 4 mila lavoratori in cassa integrazione. Ma ora la situazione sta peggiorando: le ultimissime notizie riguardano la proroga delle ferie per quattro settimane (con cassa integrazione anticipata dall'azienda fino al 25 settembre) per i 340 dipendenti del gruppo MoMa Ceramiche di Finale Emilia, mentre si annunciano nuove cigs per i lavoratori della Cotto Petrus di Casalgrande (Reggio Emilia), della Sichenia e delle Ceramiche Piemme di Fiorano (Modena).

Da un distretto ceramico all’altro: grandi incertezze si registrano anche in quello di Civita Castellana (Viterbo). A soffrire di più è il comparto delle stoviglie, dove si segnala la crisi della Saturnia di Corchiano (120 dipendenti). A inizio agosto azienda e sindacati hanno siglato un accordo di cassa integrazione per settimane, con inizio il 5 settembre. “Il margine di guadagno sulle stoviglierie è esiguo, per le aziende produrre con gli attuali costi del gas non conviene più”, commenta la Filctem Cgil territoriale: “Per ora ci sono gli ammortizzatori sociali, ma il pericolo di perdere posti di lavoro è altissimo. Ci aspettavamo qualcosa dal governo, ma non è arrivato niente”.

Salendo vero Nord andiamo in Friuli Venezia Giulia. Anche qui i settori più colpiti sono quelli maggiormente energivori, come acciaio, carta e legno. Il 29 agosto è scattata alle Ferriere Nord di Osoppo (Udine), società del gruppo siderurgico Pittini, la cassa integrazione per i 751 dipendenti dello stabilimento proprio a causa del caro-energia. Il 5 settembre, per il medesimo motivo entreranno in cassa integrazione i 530 addetti degli stabilimenti udinesi di Osoppo e Attimis del gruppo Fantoni, leader mondiale nel campo della produzione di pannelli in mdf e truciolare.

Brutte notizie, infine, anche per le cartiere del Friuli Venezia Giulia. I costi energetici esorbitanti spingono in alto i prezzi dei prodotti, gli aumenti si riversano sui clienti che però reagiscono riducendo gli ordini: una spirale che alimenta la crisi. La situazione in provincia di Udine è davvero preoccupante: la Cartiera di Rivignano è fallita in giugno, mentre alla Ermolli di Moggio Udinese (170 addetti) e alla Reno de Medici di Ovaro (150 dipendenti) sono attive le procedure di cassa integrazione.