I primi giorni di febbraio anche la Regione Marche ha avviato la campagna vaccinale mentre lo Spi Cgil di Pesaro e Urbino, il 12 febbraio, ha aperto uno sportello per aiutare le persone anziane e fragili nel prenotare la vaccinazione. Erano le prime dosi, l’organizzazione non era ancora stata perfezionata ma la speranza era il sentimento prevalente per la Cgil e lo Spi; la volontà di vaccinare quante più persone possibili in una corsa contro il tempo. Le prenotazioni avvenivano attraverso una piattaforma dove andavano indicati i nomi e le richieste: eravamo ancora nella fase della priorità alle persone anziane e fragili.

Agli inizi di marzo allo Spi è arrivata una segnalazione in merito al caso Patricio Vidal e Cecilia Grosser, sposati, residenti a Bruxelles e bloccati nella loro casa ad Apecchio, un piccolo Comune di circa 1900 abitanti nell’entroterra pesarese. I coniugi, di origine cilena, non potevano rientrare in Belgio proprio perché non vaccinati ma non erano riusciti in alcun modo a trovare una soluzione. Questo è il racconto di Gordiana Donnini, segretaria della Lega Spi di Pesaro che personalmente si occupava delle prenotazioni.

(La testimonianza di Patricio Vidal e Cecilia Grosser)

“Non ci sembrava un caso difficile – spiega  – dai documenti che mi avevano fatto pervenire avevano tutti i requisiti per essere vaccinati, ma non la nazionalità italiana. Abbiamo pensato anzitutto che fossero due persone che avevano bisogno di vaccinarsi,  che fossero cittadini europei  come noi,  e che il vaccino fosse un diritto anche per loro. Non avevamo però tenuto conto della burocrazia.

Infatti ho cercato di registrare i coniugi nella piattaforma – continua Gordiana Donnini -  messa a disposizione dalla Regione. Ma poco dopo è arrivato il no perché non erano cittadini italiani, i loro libretti sanitari non erano compatibili con il nostro sistema sanitario, come lo stesso numero di telefono: con un prefisso belga era impossibile per la nostra Asur contattarli. Il secondo tentativo lo abbiamo fatto con il numero verde sempre messo a disposizione dalla Regione Marche ma anche in questo caso con esito negativo.  

Il problema telefono lo abbiamo risolto subito proponendo di contattare direttamente noi ai nostri numeri. Dopo questo prime difficoltà ho chiamato l’Asur (Area vasta Pesaro) per capire come procedere e quali i riferimenti normativi. L’ostacolo maggiore è stato proprio questo: non c’era una norma, una circolare, un provvedimento che contemplasse la vaccinazione per i cittadini europei che si trovavano in un altro Stato della Ue. Abbiamo fatto delle verifiche. Non avevamo nulla se non la convinzione che fosse un loro diritto e un diritto di tutti. Ci siamo confrontati con la segreteria dello Spi e con il segretario generale Roberto Rossini, e poi abbiamo deciso di continuare a prendere contatto con le istituzioni e le autorità sanitarie delle Marche e della nostra provincia per trovare una soluzione.

Erano tutti disponibili ad ascoltare ma in mancanza di una regola, venivamo invitati a contattare ad esempio la zona di competenza di Urbino che a sua volta ci rimandava all’Asur di Pesaro. Facilmente immaginabile questa ridda di telefonate e contatti, ma non avevamo dubbi sulla validità della richiesta di vaccinazione contro il Covid. Eravamo in contatto con loro e cercavamo sia di tranquillizzarli sia di informarli di tutti i passaggi anche se non avevamo ancora ottenuto una risposta univoca.

La situazione si è sbloccata quando abbiamo deciso di coinvolgere il medico di base di Apecchio. Il dottore, oltre a conoscere i signori Vidal, si è detto disposto a prenderli in carico per il vaccino previa autorizzazione dell’Asur e un dirigente medico che ci avevano indicato e che finalmente ha dato loro una speranza: avrebbe contattato il medico di base per il via libera alla vaccinazione. Così è stato. Il 29 aprile Patricio Vidal ha ricevuto la prima dose e Cecilia Grosser il 5 maggio. Dopo tre settimane hanno ricevuto la seconda dose.

Mi preme molto precisare – aggiunge Gordiana Donnini – che l’impegno nel risolvere questo caso per noi sarebbe stato identico per qualsiasi altro cittadino. Per superare ogni difficoltà o impedimento. Il mondo iniziava finalmente la prevenzione vaccinale e non potevamo nemmeno pensare che qualcuno dovesse rimanerne escluso.  Sono commossa per la gratitudine che hanno voluto dimostrarci. Infatti è arrivata una lettera di ringraziamento che ci ha fatto davvero molto piacere perché riconoscente anche del ruolo del sindacato.

“Non siamo sorpresi dalla umana fraternità – c’è scritto -. Non lo siamo perché risponde alla idea che avevamo e abbiamo del miglior sindacalismo e alla eredità di De Vittorio. Certo, ben sappiamo che non sempre il sindacalismo praticato risponde ai canoni ideali. Come sapete siamo due pensionati di origine cilena e cittadinanza belga che, come conseguenza secondaria della pandemia, siamo rimasti ancorati in Apecchio, piccola borgata marchigiana della provincia di Pesaro Urbino, nella nostra piccola casa italiana. Prima di ricorrere a voi per cercare di essere vaccinati, abbiamo tentato tutte le strade istituzionali.  Pensavamo fosse un nostro diritto. Pensiamo lo sia anche dei tanti emigrati, anche di quelli non regolari. Ma le istituzioni non sono il sindacato e ne abbiamo verificato solo l'accentuata sordità. Ormai vaccinati (prima dose), vogliamo esprimere allo Spi e alla Cgil il nostro più caloroso e fraterno riconoscimento. Senza il vostro aiuto ci sentiremo ancora degli emarginati e, come sapete, pur se l'empatia non si vende in farmacia, è condizione di decenza e dignità umana”.

“Questa lettera è la nostra soddisfazione – conclude Gordiana Donnini- perché ci ripaga di tante situazioni a volte molto complesse dove anche noi possiamo essere carenti. L’ascolto è fondamentale, lo diciamo sempre, ed è stato forse questa azione la chiave di volta per superare gli ostacoli, difendere e mettere in pratica, in questo caso, un diritto e un dovere inalienabili come la salute propria e degli altri”.