Poste italiane fa marcia indietro rispetto al provvedimento di trasferimento di una postina di Modena verso il centro meccanico di Bologna, a 60 km da casa, a seguito di un'inidoneità fisica. Accolto il ricorso presentato al tribunale di Bologna da Slc Cgil Modena e dai suoi legali verso un provvedimento che imponeva il trasferimento di una lavoratrice che per una serie di patologie era stata adibita ad altra mansione, costringendo la società a riammettere in servizio la lavoratrice presso l’ufficio di provenienza. La lavoratrice, con mansione di portalettere, addetta ai servizi esterni era stata ritenuta inidonea alla suddetta mansione a causa di una patologia che l’ha vista costretta a una visita presso il collegio medico della Ausl di Modena nel 2019. A seguito di ciò, la commissione medica riteneva la lavoratrice collocabile in mansioni differenti a quella assegnata, con mansioni che non comportassero servizi esterni.

"Successivamente al provvedimento dell’Ausl, Poste italiane ha prima assegnato temporaneamente, poi definitivamente, la lavoratrice al centro di smistamento di Bologna, dichiarando di non avere uffici disponibili in cui collocarla in tutta la provincia di Modena e rifiutando la rivalutazione del caso più volte, come richiesto da noi. La pratica aziendale di trasferire, a seguito di inidoneità fisica, è ormai in uso da diversi anni ed è per noi inammissibile e non in linea con gli accordi sottoscritti. Ci risulta che, ad oggi, la carenza di organico nelle lavorazioni interne e manuali della provincia di Modena sia oltremodo diffusa e che molto spesso l’azienda scelga di trasferire  lavoratrici e lavoratori dichiarati inidonei da commissioni mediche presso i centri logistici più per un tentativo di punizione che per reali esigenze di servizio", dichiara il sindacato della comunicazione della Cgil di Modena.

"Riteniamo questa fattispecie di trasferimenti ingiusta e illegittima, aggravata dal fatto che Poste italiane continua a non fornire a noi le piante organiche del personale minimo da applicare nei diversi centri di recapito della provincia di Modena. Tale comportamento aziendale si scontra con il diritto alla salute dei dipendenti più fragili e con patologie e aggrava ulteriormente il loro stato di disagio, costringendoli spesso a lunghe trasferte per il raggiungimento del posto di lavoro con aggravi di costi non sostenibili. Esprimiamo grande soddisfazione per questa conquista e chiediamo a Poste italiane di abbandonare immediatamente ulteriori pratiche di questo tipo nel rispetto del diritto alla salute. Occorre che l’azienda riconosca il lavoro del postino come gravoso e che tuteli maggiormente chi, dopo anni di servizi esterni, sviluppa patologie riconducibili alla mansione. Questa sentenza conferma che Slc c’è e sarà sempre al fianco dei lavoratori postali per rivendicare diritti fondamentali come la tutela dei soggetti più fragili", conclude il sindacato.