Silvana Lampo ha iniziato a lavorare nei campi quando aveva più o meno trent'anni. Era rimasta sola, con due figlie e il lavoro le serviva, qualsiasi lavoro. Anche quello faticoso che ti fa svegliare che è ancora notte e ti porta nelle campagne all'alba sotto il doppio ricatto del caporale e del padrone. Pensava di aver trovato un'occupazione dura che le avrebbe permesso di mantenere la famiglia. Quel grido urlato all'alba della sua prima giornata, invece, le rimbomba ancora nelle orecchie, nonostante siano passati anni: "Buongiorno puttane!". Così il caporale le aveva salutate tutte.

Il suo è il racconto di chi non si arrende, di chi rivendica la dignità di un'occupazione essenziale, il diritto a un lavoro libero da ogni sopruso. Con la voce ferma non trascura di ricordare l'affronto quotidiano subito dalle donne impiegate come braccianti in aziende che non rispettano le regole: i salari inferiori, persino dimezzati, rispetto ai compagni di lavoro; l'indifferenza per la loro salute; l'occhio vigile del padrone e dei padroncini che scrutano i loro corpi e, spesso, quando ne colgono le fragilità, ne abusano.

Una storia raccontata davanti ad altre donne, ad altre compagne, che hanno scelto di denunciare e di impegnarsi in prima persona, nel sindacato e nei luoghi di lavoro, perché questo sistema di duplice sfruttamento finisca. La platea è quella dell'assemblea delle donne della Flai Cgil che si è tenuta al Teatro Ambra Jovinelli di Roma lo scorso 20 ottobre.