Un anno fa eravamo tutti a fare la conta degli essenziali. A esaltarne l'eroismo da un lato, a difenderne la salute dall'altro. Oggi gli essenziali sono costretti a scendere in piazza. Lo abbiamo visto con gli addetti della logistica, adesso con i lavoratori agricoli che per primi tornano a manifestare davanti al Parlamento. Un corto circuito durato dodici mesi?

In effetti, quella che ci porta a manifestare non è solo la vertenza di chi lavora in agricoltura con contratti stagionali e non è solo la rivendicazione dei sindacati di categoria. È una questione che investe tutti. Proprio come è accaduto con la logistica, anche nel nostro caso parliamo di lavoratori senza i quali questo Paese non riuscirebbe letteralmente a vivere. Eppure, esaltati durante i mesi del lockdown, questi stessi addetti sono finiti progressivamente nel dimenticatoio. Ma un essenziale è essenziale sempre. Il nostro è il settore primario: quello che garantisce il cibo al Paese. Se si fermano le lavoratrici e i lavoratori agricoli, si ferma tutto. Esattamente dodici mesi fa sembrava che questa fosse una delle preoccupazioni principali tanto che proprio di questi tempi - nel timore, a questo punto strumentale - che non si piantasse, non si coltivasse e non si raccogliesse, perché molti lavoratori immigrati erano bloccati nel loro paese, in molti avevano addirittura sollecitato un ritorno dei voucher. Poi il tema è scomparso dai radar, così tanto da escludere un milione di persone dalle indennità e da ogni tipo di sostegno al reddito previsti dai vari decreti che si sono succeduti nel corso dei mesi.

In effetti a parte i bonus di marzo e aprile dello scorso anno gli stagionali dell'agricoltura non hanno ricevuto nulla. Perché?

Hanno ricevuto pochissimo, anzi praticamente niente: 600 euro a marzo 2020, 500 euro nell'aprile successivo e basta. Il confronto con le misure di sostegno destinate al mondo delle imprese agricole è impietoso. Uno sbilanciamento esagerato a favore delle aziende che paradossalmente si registra mentre da più parti si lamenta l’eccessivo assistenzialismo dello Stato nei confronti dei lavoratori. Dal decreto Agosto ai Ristori fino ai Sostegni, invece, per i nostri stagionali non c'è stata neanche una norma. Il perché è semplice: tutti confondono la disoccupazione agricola con un ammortizzatore sociale, probabilmente ignorandone il meccanismo.

La disoccupazione agricola, invece, a dispetto del nome non è un ammortizzatore sociale ma una forma di integrazione al reddito. Per averne diritto occorre aver lavorato almeno 102 giornate nel biennio precedente. Il che - al momento - è un gran problema, in alcuni casi, nel vostro settore.

È proprio così perché, se è vero che il settore non si è mai fermato, interi segmenti del mondo agricolo hanno sofferto un calo fortissimo, pensiamo a tutti quelli legati alla ristorazione, ad esempio, o al florovivaismo o all'agriturismo. Inoltre venivamo già da un anno in cui il lavoro degli occupati in agricoltura era sceso, tra il 2018 e il 2019 con una diminuzione degli stagionali di oltre del 10%. Tuttavia se non si raggiunge il numero di giornate necessarie a maturare il diritto alla disoccupazione, la disoccupazione agricola semplicemente non può arrivare. Quindi dire che bonus e indennità non vengono erogati perché gli stagionali agricoli hanno già il loro ammortizzatore è scorretto, improprio ed è, soprattutto, un grande bluff. Il numero esatto dei beffati - che pensiamo siano tra i 700 e gli 800 mila - invece lo scopriremo nei prossimi giorni: oggi (31 marzo) termina, infatti, la campagna per la presentazione delle domande di disoccupazione e a breve avremo la pubblicazione degli elenchi anagrafici aggiornati. 

Intanto cambiano i governi ma gli errori si ripetono nel tempo.

E i problemi si moltiplicano. Per i lavoratori della pesca non è previsto nulla, ad esempio, e nulla è previsto per i lavoratori stagionali fragili. Possibile che non si capisca che questa categoria ha patito sulla propria pelle il fatto che i contratti semplicemente non sono mai partiti?

Come si può rispondere ai bisogni di lavoratrici e lavoratori stagionali agricoli e cosa chiedete a Parlamento e governo con la manifestazione che vi porta a Piazza Vidoni e il prossimo 10 aprile davanti a tutte le prefetture italiane?

La richiesta prioritaria che facciamo è di garantire il cosiddetto trascinamento delle giornate lavorate nel 2019 sia ai fini della tutela assistenziale che previdenziale. Chiediamo in altre parole che vengano garantite ai fini del calcolo della ds agricola per l'anno 2020 le stesse giornate di lavoro svolte durante quello precedente. Vogliamo che le indennità previste per tutti gli altri settori anche per i lavoratori stagionali agricoli che non hanno lavorato o che hanno perso giornate di lavoro, e vogliamo che sia compatibile con il reddito di emergenza. Chiediamo di dare tutele anche ai lavoratori cosiddetti ‘fragili’ del settore agricolo, chi è fragile e lavora in fabbrica ha la copertura della malattia, gli stagionali agricoli ‘fragili’ non sono proprio stati assunti! Purtroppo chi legifera pensa che tutto il mondo del lavoro sia in azienda o in fabbrica e sia stabile! Chiediamo di estendere la Naspi ai dipendenti a tempo indeterminato delle imprese cooperative e dei loro consorzi e la cassa integrazione per i pescatori, chiediamo tutele per chi, oltre al Covid, ha dovuto far fronte a calamità naturali, eventi atmosferici distruttivi o parassiti come la Xylella e la cimice asiatica.

Oltre a queste risposte prioritarie però avete anche altre richieste?

Sì, perché vogliamo che il lavoro in agricoltura venga finalmente rispettato: chiediamo l'impegno a riconoscere la “clausola sulla condizionalità sociale” nella Politica agricola comune, cosicché i contributi europei vadano solo a quelle imprese che rispettano i contratti di lavoro e le leggi sociali; ribadiamo la totale contrarietà a un'ulteriore semplificazione dell'uso dei voucher in agricoltura, infine vogliamo che si proceda rapidamente a rinnovare i contratti provinciali, visto che le trattative sono bloccate in quasi tutti i territori, e che quei contratti sono determinanti per dare un salario dignitoso a chi lavora nel nostro settore.
Infine, proprio per le cose che dicevamo all’inizio dell’intervista, la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori agricoli deve essere una lotta di tutti e non solo perché il cibo è indispensabile per la vita ma per una questione di equità, se il nostro mercato del lavoro è pieno di disuguaglianze e di segmentazioni, i diritti e le tutele devono essere garantiti per tutti!


Tina Balì è segretaria nazionale Flai Cgil