“La firma dell’accordo di coinvestimento tra ArcelorMittal e Invitalia è assolutamente rilevante. Così lo Stato rientra nell’ex Ilva, attraverso le partecipazioni statali, e quindi nell’asset strategico della siderurgia. Questo significa che lo Stato ricomincia a fare politica industriale, cosa che manca ormai da molto tempo”. Questo il primo commento della segretaria generale della Fiom Cgil Francesca Re David all’intesa, firmata stamani (venerdì 11 dicembre) dalla multinazionale franco-indiana e dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa (partecipata al 100% dal ministero dell’Economia).

L’accordo prevede un aumento di capitale di Am InvestCo. Italy (la società controllata da Arcelor Mittal, che ha già investito 1,8 miliardi di euro ed è affittuaria dei rami d’azienda di Ilva in amministrazione straordinaria) per 400 milioni, che sarà effettuato entro il 31 gennaio 2021 e che darà a Invitalia il 50 per cento dei diritti di voto della società. A maggio del 2022 è programmato un secondo aumento di capitale, sottoscritto fino a 680 milioni da parte di Invitalia e fino a 70 milioni di parte di ArcelorMittal. Al termine dell’operazione Invitalia sarà l’azionista di maggioranza con il 60 per cento del capitale.

L’intesa contiene un articolato piano di investimenti ambientali e industriali, centrato sull’avvio del processo di decarbonizzazione dello stabilimento di Taranto, sulla creazione di una nuova linea di produzione esterna al perimetro aziendale e sull’attivazione di un forno ad arco elettrico (interno all’impianto) capace di produrre fino a 2,5 milioni di tonnellate di acciaio l’anno. Previsto inoltre il completo assorbimento, nell’arco del piano (ossia nel 2025), dei 10.700 lavoratori impegnati nel sito pugliese. L’obiettivo è trasformare l’ex Ilva nel più grande polo produttivo di acciaio “green” (ossia a basso utilizzo di carbonio) in Europa, con una capacità nel 2025 di otto milioni di tonnellate.

“L’ingresso dello Stato non può essere solo finanziario, ma anche di indirizzo e controllo”, prosegue Re David, ricordando che “stiamo discutendo di un piano ambientale e di un piano industriale di cui conosciamo solo i titoli, perché il sindacato è stato totalmente lasciato fuori. Naturalmente i titoli sono interessanti, ma bisogna guardarci dentro”. Da affrontare, poi, c’è la questione dell’occupazione. “Nel 2018 abbiamo firmato un accordo che stabiliva che i 10.700 dipendenti fossero tutti dentro fin dall’inizio, e poi a fine piano, ossia nel 2023, dentro anche i lavoratori in amministrazione straordinaria”, precisa la segretaria generale Fiom Cgil: “Questo programma invece arriva al 2025 e ha scadenze diverse. È quindi opportuno che il governo ci convochi il prima possibile, perché bisognerà discutere di tutti gli elementi del piano industriale e ambientale e del cronoprogramma degli investimenti”. In conclusione Re David, riprendendo l’annuncio del governo di un piano della siderurgia che comprende l’insieme delle produzioni nel Paese, rimarca la necessità che “dopo quest’accordo venga convocato un tavolo complessivo sul settore”.

A proposito del governo, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri sottolinea che “dal 2022 il controllo pubblico dell’azienda, oltre alla ristrutturazione integrale dell’impianto e alla scrupolosa attuazione del piano ambientale, garantirà a regime il mantenimento dei livelli occupazionali”. Un’attenzione straordinaria, inoltre, verrà posta al “tema delle manutenzioni e della sicurezza dell’impianto”. Gualtieri, infine, dichiara di accogliere “la richiesta avanzata dalla Regione Puglia, dal Comune di Taranto e dalle altre rappresentanze territoriali per l’apertura di un tavolo di confronto per accompagnare, monitorare e accelerare la transizione verso le nuove produzioni verdi e per condividere gli interventi per il risanamento ambientale e il rilancio economico della città e del territorio tarantini”.