Hanno macinato chilometri in bici e in scooter. E hanno fatto consegne, mobilitazioni, volantinaggi, presidi, qualche volta scioperi, dall’ultima convocazione del tavolo al ministero del Lavoro tra sindacati e aziende del food delivery, programmato a settembre e poi sospeso. Oggi i rider tornano al centro dell’attenzione. Cgil, Cisl e Uil, le imprese e le associazioni del settore si incontrano con la ministra Nunzia Catalfo per discutere del contratto siglato a sorpresa da Assodelivery e Ugl, un accordo che la confederazione ha definito “illegittimo” e che i ciclofattorini di tutta Italia hanno rifiutato in blocco. Scendendo in piazza, appunto, per protestare contro un'intesa che li lascia lavoratori autonomi, collaboratori occasionali o partite Iva, conferma una retribuzione a cottimo, riconosce solo pochi incentivi, e nei fatti, bonifici alla mano, abbassa di molto i compensi per ogni consegna, per ogni ora lavorata, per ogni giornata trascorsa in strada.

“È un segnale importante che il Ministero abbia di nuovo convocato le parti per riaprire la discussione – spiega Tania Scacchetti, segretaria confederale Cgil, al tavolo con una delegazione allargata che prevede anche le categorie di riferimento, Nidil, Filcams e Filt -. Il confronto riprenderà, e probabilmente partirà dal contratto firmato da Assodelivery e Ugl. Ma ci sono due elementi di novità. La posizione pubblica assunta da Just Eat, che ha annunciato che i rider potranno essere lavoratori dipendenti a partire dal 2021, aprendo così un fronte nelle imprese, dichiarazioni di cui bisogna comunque verificare la prospettiva. L’altro punto è il protocollo sottoscritto il 2 novembre dai sindacati dei trasporti e dalle associazioni datoriali, che estende il contratto della logistica a tutti i rider, compresi quelli che operano per le piattaforme digitali, declinando il trattamento economico ed normativo, quindi l’orario di lavoro minimo, la paga base, l’abolizione del cottimo”.

Due tasselli che rappresentano un passo in avanti per l’affermazione dei diritti essenziali e che in qualche modo sconfessano il contratto "truffa" sottoscritto da Ugl con Assodelivery, a cui tutti i ciclofattorini hanno dovuto aderire. Il ricatto “o firmi o sei licenziato”, infatti, è scattato il 3 novembre, data a partire dalla quale praticamente tutte le multinazionali del settore hanno applicato l’accordo siglato dall’associazione maggiormente rappresentativa dei datori di lavoro, ma da una sola organizzazione sindacale, per di più di comodo. “Si tratta di capire se dopo le mobilitazioni messe in campo in queste settimane e a seguito delle contrarietà politiche espresse nei confronti dell’intesa, si aprono degli spazi di contrattazione – aggiunge Scacchetti -. O se piuttosto si prospettano altri scenari, con interventi normativi che a quel punto sarebbe lo stesso Ministero a proporre”.  

Insomma, il clima in cui si apre nuovamente il confronto è certamente diverso rispetto a quello di qualche settimana fa. Oltre alle azioni sindacali, si sono attivate anche quelle giudiziarie in diversi tribunali del lavoro, con ricorsi che ipotizzano interventi correttivi delle norme, utili a depotenziare il contratto e la totale deregolamentazione che comporta. “Abbiamo letto dichiarazioni meno rigide – dice Tania Scacchetti -. E anche le affermazioni di Just Eat fanno pensare all’assunzione dei rider come lavoratori dipendenti. Bisogna capire quale modello ha in testa l’azienda e se intende fare questo passaggio con i sindacati. Noi continuiamo a sostenere che l’unico strumento per normare il rapporto dei rider è il contratto collettivo nazionale di lavoro, anche per regolare la flessibilità che è tipica di questa attività. Che quello del ciclofattorini è un lavoro che ha caratteristiche di subordinazione. E che anche se non si trattasse di lavoro subordinato, dovrebbe comunque essere considerato un lavoro etero-organizzato, con tutte le tutele del caso”. Gli stessi sacrosanti principi che afferma la legge e anche le sentenze dei giudici che hanno accolto le tesi del sindacato.