Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023 un caicco partito dalla Turchia carico di migranti s'arena su una secca a poche decine di metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro, in provincia di Crotone. L’impatto espone l’imbarcazione alla violenza delle onde del mare forza 5, che la rovesciano e la distruggono.

A soccorrere per primi i naufraghi sono due pescatori del luogo. Nel buio più completo e al gelo della notte, i volontari e le forze dell'ordine salvano chi è ancora vivo, ed estraggono dall’acqua numerosi corpi senza vita. Il bilancio definitivo parla di 94 morti accertati, molti dei quali minori, oltre a un numero imprecisato di dispersi.

Il governo Meloni arriva in Calabria solo nel pomeriggio del 9 marzo, protetto da imponenti misure di sicurezza. Viene ricevuto a Cutro con tutti gli onori dalle autorità locali e dà vita a un consiglio dei ministri straordinario, in cui viene approvato un decreto legge che inasprisce le pene nei confronti dei trafficanti e rende più stringenti le norme sull’immigrazione.

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Il cosiddetto “decreto Cutro”, in realtà, non affronta le cause che in questi anni hanno portato alla morte in mare di migliaia di persone. Prevede invece condizioni giuridiche peggiorative per coloro che arrivano in Italia, e aumenta le situazioni di irregolarità ed esclusione, anche di chi è già da tempo sul territorio nazionale.

Dopo il clamore mediatico di quei giorni, in ogni caso, a un anno dalla strage la Calabria appare ormai abbandonata a se stessa. È la frontiera meridionale dell’Unione europea, una delle regioni più povere d’Europa, ma si trova ad affrontare da sola un fenomeno di dimensioni spropositate. “Il governo e l’Ue non ci sono. L’esecutivo Meloni ha addirittura usato quella tragedia per peggiorare le condizioni di chi arriva sulle nostre coste”, dice Celeste Logiacco, segretaria regionale della Cgil Calabrese.

La Cgil e la rete di associazioni che da anni si occupano di accoglienza sul territorio chiedono invece “politiche eque ed efficaci sull’immigrazione e sul diritto di migrare, canali legali di ingresso e corridoi umanitari. Perché le misure attuali non rispondono al bisogno di protezione internazionale”.

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Intanto sulla spiaggia di Steccato di Cutro, restano ancora le tracce della tragedia del 26 febbraio 2023: scarpe, abiti, coperte. Addirittura alcuni dei sacchi bianchi in cui sono stati deposti i corpi delle vittime. Chi all’epoca si adoperò per dare una mano ai naufraghi torna lì, con un nodo stretto in gola. Non può far altro che osservare il mare, oggi calmo, e sperare di non dover più vivere un’esperienza come quella.