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Oltre la metà di Alitalia tornerà in mano pubblica. Questa la prospettiva tracciata oggi (giovedì 14 febbraio) dal ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio nel corso dell’incontro a Roma tra governo e sindacati. Il contributo del ministero dell’Economia (finora fermo al 15 per cento) e delle Ferrovie dello Stato dovrebbe arrivare a oltre il 50 per cento delle quote societarie, una misura che comunque non escluderebbe la partecipazione di altre aziende pubbliche e private. Una misura, avrebbe precisato il ministro, che “è garanzia affinché si tengano presenti i fondamentali principi di tutela dei diritti dei lavoratori e dei livelli occupazionali”. Per quanto riguarda il piano industriale, che Ferrovie doveva presentare entro fine gennaio, il termine è stato spostato al 31 marzo. Di Maio, infine, avrebbe espresso soddisfazione perché “Alitalia è vista ancora oggi come una grande potenzialità da realtà come Delta Airlines e Easyjet”, auspicando che con le due compagnie si arrivi a un accordo vincolante.
“Il 31 marzo è troppo lontano. Bisogna accelerare, perché c'è un problema di rapporto con il mercato. Il tempo non è una variabile indipendente”. Così il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, al termine del confronto con il governo sulla vertenza Alitalia: “A oggi non conosciamo il piano industriale, e su questo vogliamo un confronto, non vogliamo trovarci con un pacco già pronto. Abbiamo ribadito la necessità di tempi molto rapidi, con l'acquisizione di nuovi aerei per ottenere il profilo di un'azienda capace di andare per il mondo”. Per Landini la presenza pubblica “è importante, il problema è capire per fare cosa. Questa, infatti, deve essere finalizzata a un piano che rilanci gli investimenti e consenta ad Alitalia, soprattutto, di rafforzarsi sul lungo raggio con nuovi aerei”. Il segretario generale Cgil, in conclusione, ha ribadito che “i lavoratori di Alitalia hanno già dato: non ci devono essere tagli occupazionali o ipotesi di riduzioni salariali”.
“Dal ministro Di Maio parole rassicuranti, ma nessun elemento concreto sul piano industriale, a garanzia dell’occupazione e del mantenimento dei livelli salariali”. Questo il commento del segretario generale della Filt Cgil Stefano Malorgio: "Da parte nostra abbiamo ribadito che la compagnia deve essere ristrutturata e rilanciata come azienda unica, salvaguardando i livelli occupazionali e salariali. Inoltre ora, anche alla luce delle novità sul coinvolgimento dei partner industriali e della partecipazione statale, bisogna in ogni caso fare presto e avviare in tempi brevi il confronto sul piano”.
A chiedere a gran voce il coinvolgimento del sindacato è stato il segretario generale della Uil Carmerlo Barbagallo. "Nel prossimo incontro parleremo della proposta di piano industriale. Non c'è ancora una data: ci stanno lavorando e si stanno prendendo il tempo necessario. Però noi abbiamo chiesto di esserci dentro, vogliamo parlare della proposta". E dal piano, ha aggiunto, si vedrà "se hanno rispettato le promesse che non ci sono esuberi, che c'è il rilancio e che si evita il dumping". Per il segretario confederale della Cisl Andrea Cuccello, questa è "una vicenda che si sta trascinando ormai da troppo tempo. C'è l'esigenza di stringere e di dare risposte concrete ai 12 mila dipendenti. Ma soprattutto c'è la necessità di costruire un vero piano industriale che dia garanzia sui livelli occupazionali".
Il tavolo odierno, dunque, conferma le due importanti indiscrezioni ventilate nei giorni scorsi. La prima riguarda il partner industriale: con l'uscita di scena di Air France (spinta anche dalla crisi diplomatica tra Parigi e Roma), saranno dunque Delta Airlines ed EasyJet ad affiancare Fs nell'operazione Alitalia. Mercoledì 13, infatti, il Consiglio di amministrazione di Ferrovie dello Stato si era riunito proprio per deliberare l'avvio della trattativa con le due compagnie aeree. La seconda riguarda la disponibilità del governo a partecipare alla costituzione della nuova Alitalia tramite il ministero dell'Economia, "a condizione - si legge in una nota diramata mercoledì 13 dalla presidenza del Consiglio, dopo un summit tra Conte, Di Maio e Tria - della sostenibilità del piano industriale e in conformità con la normativa europea".
Tramonta definitivamente, dunque, l'opzione Lufthansa, altra compagnia interessata ad Alitalia. In un'intervista al quotidiano tedesco Handelsblatt, Harry Hohmeister, membro del Consiglio di amministrazione dell'aviolinea tedesca, ha dichiarato che Alitalia avrebbe 3 mila dipendenti di troppo. "Se siamo interessati ad Alitalia è perché puntiamo a un'azienda ristrutturata in grado di avere successo nel lungo termine", ha spiegato Hohmeister: "Allo stato attuale non ho sentito nessuno affermare che quanto propone Lufthansa crei problemi inaccettabili. E allo stato dei fatti pensiamo che ci siano 3 mila dipendenti di troppo. Ma a quanto leggo sui giornali anche gli altri soggetti interessati parlano di cifre analoghe".
La situazione finanziaria di Alitalia, intanto, rimane precaria. Quasi la metà del prestito-ponte di 900 milioni di euro concesso dallo Stato è già stata spesa: in cassa, infatti, restano 506 milioni (cui vanno aggiunti 197 milioni di deposti), cifra che dovrebbe comunque bastare per arrivare alla formazione della nuova società. I conti, invece, vanno lentamente migliorando: il 2018 ha visto in crescita sia i ricavi passeggeri (+6,9 per cento) sia quelli totali (+5). Ancora negativo per 154 milioni è l’ebitda (ossia il margine operativo lordo), anche se le perdite sono state dimezzate, visto che nel 2017 ammontavano a 312 milioni di euro.
(aggiornamento ore 18.35)