“Quando la logistica incontra le idee”: uno slogan accattivante quello scelto dal consorzio di cooperative di facchinaggio PowerLog per il sito Internet, tuttora cliccabile in rete, a più di tre mesi dal crac del gruppo. E c’è da restare interdetti a rileggere oggi il profilo virtuoso della company, franata rovinosamente sotto i debiti accumulati. PowerLog è ormai un’entità fantasma, che incombe però sui destini di centinaia di lavoratori soci delle sei cooperative che lo hanno costituito quattro anni fa con sede a Castelmaggiore di Bologna e in luglio lo hanno messo in liquidazione volontaria, per non precipitare nella voragine di un buco di almeno 10 milioni di euro. Una brusca caduta dopo una rapida ascesa (una quindicina le imprese controllate), alimentata da un giro vorticoso di appalti, ingenti prestiti con banche varie e una gestione allegra delle risorse, compresi i capitali sociali delle cooperative consorziate. Finché l’indebitamento comincia a preoccupare e nel marzo 2008 i dirigenti del consorzio hanno una bella pensata: rimpolpare le finanze riducendo lo stipendio dei soci lavoratori del 10 per cento, attraverso la voce “contenimento costi” in busta paga.

Ma i dipendenti non ci stanno, si rivolgono al sindacato e si apre la vertenza, seguita dalle categorie trasporti e agroindustria territoriali di Modena, Reggio Emilia e regionali. “Nelle assemblee – racconta Ivano Gualerzi, segretario generale della Flai Emilia-Romagna – i lavoratori, che sono in maggioranza stranieri, hanno buttato fuori i problemi e la rabbia: buste paga irregolari, regolamenti interni che limitano i diritti, orari massacranti. Ma la dimensione del fenomeno PowerLog è diventata impressionante man mano che si procedeva nella ricognizione del gruppo, che si è rivelato un’imponente macchina per l’appalto di manodopera, con cantieri nei settori più disparati”. La trattativa si svolge con la direzione del consorzio insieme ai rappresentanti della Lega cooperative e di Confcooperative di Bologna, cui aderiscono le coop fondatrici. In via preliminare i sindacati chiedono, e ottengono, il ritiro della delibera che riduce il salario del 10 per cento, per poi puntare alla regolarità nelle retribuzioni e nell’applicazione dei contratti, con il recupero delle somme dovute e non percepite. Il confronto procede a ritmo molto serrato, tra scioperi e assemblee, mentre c’è un cambio di direzione del consorzio, che però non basta a recuperare credibilità. Così l’8 luglio arriva l’annuncio della liquidazione volontaria di PowerLog e della nascita di KeyLog, un nuovo consorzio più o meno tra le stesse cooperative, al quale vengono cedute le attività, con l’impegno a garantire la continuità lavorativa e retributiva per tutti i dipendenti (esclusi quelli impiegati nel cantiere interno all’azienda di macellazione Unipeg di Reggio Emilia, considerato improduttivo). Si aprono così due percorsi diversi, come spiega Mauro Barutti, della segreteria Filt regionale.

“La vicenda PowerLog è in mano al liquidatore, che sta ricostruendo la situazione finanziaria e la complicata mappatura del consorzio e delle tante società collegate, per verificare se la strada della liquidazione volontaria è praticabile o se invece è inevitabile il fallimento. Entro ottobre si dovrebbe conoscere la relazione conclusiva. E qui purtroppo sono in ballo le quote sociali dei lavoratori soci, esposti mediamente per 4.000 euro ciascuno”. Sul caso si è mossa anche la magistratura: a fine agosto la procura di Bologna ha aperto un fascicolo, per il momento senza ipotesi di reato, incaricando la Guardia di finanza degli accertamenti necessari.

Tutto questo mentre va avanti la vertenza KeyLog. La trattativa, già fissata per il 18 settembre, si è in parte alleggerita. Ad agosto infatti i sindacati hanno incassato l’accordo con Unipeg, che salvaguarda i posti di lavoro del cantiere ex PowerLog. “Una buona soluzione – spiega Gualerzi –, che in sostanza riporta all’interno dell’azienda una parte del lavoro appaltato e sancisce l’avvio di un percorso condiviso verso una corretta gestione delle attività terziarizzate. Anche il cantiere interno alla Italpizza di Modena è fuori dalla vertenza, con il passaggio dell’appalto e dei relativi lavoratori a un’altra ditta”. Ma al di là degli esiti delle singole vicende, il sindacato solleva altre questioni molto importanti, che Barutti e Gualerzi sintetizzano così. “Il caso PowerLog è emblematico di una realtà che da tempo denunciamo: la degenerazione del sistema degli appalti e delle esternalizzazioni, che esaspera la frantumazione dei cicli produttivi, riduce i costi alle aziende committenti, tagliando salari e diritti, ingrassa l’intermediazione di manodopera, dà spazio all’evasione e all’elusione fiscale. Per di più, qui si tratta di aziende cooperative. Non hanno niente da dire le loro associazioni, in particolare la Lega? Non basta condannare la cattiva gestione di PowerLog. È del modello che vogliamo discutere, per cambiare pagina. Chiediamo di misurare nel concreto cosa significa etica e responsabilità sociale dell’impresa”.


LA SCHEDA
Il consorzio PowerLog è stato costituito quattro anni fa da 6 cooperative di facchinaggio, di cui quattro emiliano-romagnole (Minerva e Realcoop aderenti, alla Lega cooperative, Vega e Onecoop, facenti parte di Confcooperative) e due mantovane (Camf e Ctc). Un capitale sociale di 750.000 euro e un volume d’affari di 100 milioni di euro, con 2.500 dipendenti, di cui quasi 1.800 lavoratori soci, distribuiti in oltre 230 cantieri in Emilia- Romagna (in particolare, Modena, Reggio Emilia, Parma, Bologna) e fuori regione. Si tratta in maggioranza di lavoratori immigrati, soprattutto cinesi, ma anche dall’Est Europa e dall’Africa. PowerLog appaltava alle cooperative socie in particolare attività di facchinaggio, movimentazione delle merci, macellazione e lavorazione carni, attraverso affitti o acquisizioni di rami d’azienda, presso importanti imprese di macellazione e di prodotti alimentari in regione (come Unipeg, Inalca, del gruppo Cremonini, Italcarni, Italpizza) e in giro per l’Italia, ma anche presso la grande distribuzione organizzata, senza escludere (in misura minore) aziende ceramiche, metalmeccaniche, tessili.

Una ramificazione (emersa nella vertenza che raccontiamo in questa pagina) che ha spinto la Cgil a costituire un coordinamento regionale, che comprende, oltre alle strutture confederali, dell’agroindustria e dei trasporti, anche le categorie di commercio, meccanici, chimici e tessili. L’intento è quello di condurre una battaglia comune contro l’utilizzo improprio degli appalti di manodopera, dove l’autonomia funzionale non esiste, l’alta specializzazione è fumo negli occhi e i lavoratori sono in realtà inseriti nel processo produttivo, diretti e gestiti dall’azienda committente, ma con trattamenti penalizzanti. Formalmente, le cooperative applicavano il contratto nazionale trasporto merci e logistica (escluso l’appalto di Vega all’interno di Italpizza di Modena, legato al contratto dell’industria alimentare). I sindacati insistono su quel “formalmente”: in realtà, niente ferie, tredicesima e quattordicesima, niente aumenti, né una tantum relativi al rinnovo del contratto e dovuti da gennaio. Non solo: l’adozione di regolamenti interni consentiva di derogare al sistema di diritti e tutele del ccnl.

Ma c’era un’altra particolarità: l’uso anomalo della “indennità di trasferta”, voce di norma non tassata fiscalmente, né ai fini previdenziali, a cui corrispondevano però somme molto considerevoli, fino a 45 euro al giorno per 20 giorni. È legittimo, chiede il coordinamento Cgil alle autorità competenti, o siamo di fronte a un abuso per alzare un po’ i salari con minori costi per l’impresa, praticando forme d’elusione contributiva e fiscale? Dopo il crac Powerlog, occupazione, trattamenti salariali e applicazione regolare dei contratti sono i punti al centro della vertenza in corso con KeyLog, il consorzio costituito da una parte delle stesse cooperative (Minerva, Realcoop, Vega e Onecoop), con un nuovo ingresso (Lsi) al posto di Camf e Ctc, che sono uscite di scena