La Corte dei Conti boccia la delibera del Cipess sul Ponte sullo Stretto di Messina approvata lo scorso 6 agosto con un parere che snocciola irregolarità, conflitti normativi, inconsistenza delle basi tecnico-giuridiche.

Un documento di sei pagine inviato al Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della presidenza del Consiglio, elenca rilievi tecnici e procedurali che si aggiungono alle criticità già emerse sulla sostenibilità economica, sul rispetto delle norme europee e sulle valutazioni ambientali e chiede chiarimenti.

Il parere della magistratura contabile dà quindi al governo venti giorni di tempo per rispondere alle osservazioni, invitando a ritirare l’atto in autotutela. In sostanza viene smontato l’iter messo in piedi dall’esecutivo Meloni che ha compresso i tempi normali per un’opera pubblica di questa portata grazie al decreto approvato nel 2023.

Tante osservazioni

Nel documento i giudici scrivono che “risulterebbe non compiutamente assolto l'onere di motivazione difettando, a sostegno delle determinazioni assunte dal Cipess, anche in relazione a snodi cruciali dell'iter procedimentale, una puntuale valutazione degli esiti istruttori".

Quindi, prosegue il parere della Corte dei Conti, la delibera del Cipess “si appalesa più come una ricognizione delle attività intestate ai diversi attori istituzionali del procedimento che come una ponderazione delle risultanze di dette attività, sotto il profilo sia fattuale che giuridico”.

Dalla rilevanza militare

Tanti gli aspetti sottolineati dalle osservazioni dei magistrati. Tra questi, il fatto che non risulta in atti il parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici e che le “plurime prescrizioni e raccomandazioni di cui alla delibera Cipe n. 66/2003 risulterebbero non del tutto ottemperate”. Poi, l’aver dichiarato il Ponte infrastruttura di interesse militare, aprendo di fatto al suo inserimento tra le spese Nato: la delibera del Consiglio dei ministri non ha ottenuto la preventiva acquisizione di atti e approvazioni.

Al piano economico

C’è inoltre la parte dedicata agli oneri del piano economico: "Perplessità si manifestano in merito al disallineamento tra l'importo asseverato dalla società Kpmg in data 25 luglio 2025 - quantificato in euro 10.481.500.000 - e quello di euro 10.508.820.773 attestato nel quadro economico approvato il 6 agosto 2025. Si chiedono chiarimenti", scrive la Corte dei Conti.

Chiarimenti vengono chiesti sulle stime di traffico “poste a fondamento del Pef, in ordine alle valutazioni svolte da codesto Comitato in merito alle modalità di scelta della predetta società di consulenza e agli esiti di detto studio anche in relazione agli approfondimenti istruttori svolti in occasione della riunione preparatoria del Cipess".

Quali impatti avrà questo parere della Corte dei conti? Al momento blocca l’avvio dei cantieri preparatori annunciata dal ministro Salvini, che è impossibile senza la delibera Cipess pubblicata in Gazzetta ufficiale. Ma la partita è ancora tutta da giocare.

Gesmundo (Cgil): “Smascherate le forzature di Salvini”

“La Corte dei Conti ha smascherato le forzature di Salvini, confermando gran parte delle criticità da noi rilevate sul rispetto delle direttive comunitarie e sullo spreco di risorse. Chiediamo al Governo un atto di responsabilità: ritiri la delibera Cipess e ponga fine ad un progetto di quindici anni fa, pieno di forzature legislative e tecniche e divisivo per il Paese”. È quanto dichiara il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo.

“Dopo le richieste di chiarimenti della Commissione europea al governo sulle procedure di autorizzazione e appalto del progetto, con un serio rischio di infrazione, – ricorda il dirigente sindacale – arrivano le considerazioni della Corte dei Conti. Si accantoni un progetto che costerebbe oltre 20 miliardi, eliminerebbe migliaia di posti di lavoro, espellerebbe dalle loro abitazioni oltre 500 famiglie e peserebbe come un macigno sulle finanze del Paese”.

“È tempo di riaprire una discussione seria e trasparente sulle infrastrutture urgenti per lo sviluppo della Calabria e della Sicilia. Serve responsabilità – conclude Gesmundo – perché tutti sappiamo che le priorità del Mezzogiorno sono ben altre”.