Il progetto del ponte sullo Stretto di Messina fa acqua da tutte le parti. È lacunoso sotto molti profili, non ne è mai stato depositato uno definitivo, ha come presupposto un’analisi costi-benefici irrealistica, comporterebbe gravi impatti ambientali, paesaggistici e naturalistici. E, non ultimo, richiederebbe l’esecuzione di espropri di case, terreni, immobili di privati cittadini per poter erigere l’opera e aprire i cantieri. Ma non si tratta di 450 edifici tra Messina e Villa San Giovanni (Reggio Calabria), come è stato detto e scritto in questi mesi. Sarebbero molte di più le persone investite dai disagi e costrette a lasciare l’abitazione, per andare non si sa dove e neppure con quale indennizzo.

Un elenco di 2.600 pagine

In questi anni si è sempre parlato dell’area di Capo Peloro, lato siciliano, e zone limitrofe, minimizzando l’impatto sulla vita dei cittadini e sulle proprietà private, dicendo che a essere espropriate sarebbero state le villette, le seconde case, le case di villeggiatura e dunque immobili dei ricchi.

E invece con la pubblicazione due settimane fa dell’elenco di oltre 1.500 pagine per Messina e 1.100 per Villa San Giovanni delle ditte oggetto di esproprio, dove per “ditte” si intendono tutti i soggetti interessati, ci si è resi conto che la costruzione dell’opera riguarderà zone molto più ampie, e molte più persone, e non necessariamente benestanti, anzi.

Una tavola dei cantieri del Ponte sullo Stretto

La narrazione falsa

“È una narrazione falsa che mira a indebolire la vertenza ingaggiata da anni dagli abitanti – afferma Claudio Vallone, segretario del Sunia di Messina, il sindacato degli inquilini della Cgil –. Dall’esame del progetto emerge che a essere coinvolti saranno molti edifici, sulle due sponde dello stretto, in cui vive una popolazione appartenente a fasce reddituali diverse. A pagare il prezzo più alto, se i lavori dovessero andare avanti, sarebbero proprio i più fragili economicamente, che rischierebbero di perdere l’alloggio in cui vivono. Verrebbero espropriate anche aree nelle quali sorgono case popolari, principalmente nella zona sud della città, e piccoli immobili residenziali non di pregio”.

Disagi in tutta la città

L’ormai famoso quartiere di Capo Peloro, quindi, ma anche Torre Faro, Sperone, Pace, Annunziata, viale Italia, Contesse. Seconde case ma anche case popolari.

“Solo ad aprile si è scoperto dove e chi sarebbe stato espropriato, quando hanno pubblicato gli elenchi con il dettaglio – spiega Daniele Ialacqua del comitato No Ponte -: nome e cognome dei proprietari, ubicazione dell’immobile, particella catastale che sarà espropriata o messa sotto servitù. Molti cittadini lo hanno scoperto in quell’occasione, a seguito della pubblicazione oppure durante un’assemblea che abbiamo organizzato. Sul versante messinese i cantieri sono una ventina e si estendono su tutta la lunghezza della città, dalla parte nord a sud passando per il centro. Non è solo capo Peloro, quindi”.

Abitanti che appartengono ai ceti più abbienti e persone che fanno parte delle fasce più deboli della popolazione e un’intera città interessata, anzi sarebbe meglio dire sconvolta da un’opera la cui utilità è tutta da dimostrare. Anche perché non è dato sapere come e quanto verranno indennizzati gli espropriati.

Quali indennizzi?

“Il criterio non è stato ancora definito e pare sarà un intreccio di principi – aggiunge Vallone –: il valore reale dell’immobile, individuato sulla base degli indici dell’agenzia delle entrate, a cui si potrebbe aggiungere un bonus frutto di un accordo tra i diversi comuni e lo Stretto di Messina, che però non è stato ancora trovato. Girano voci che potrebbe essere di 20 mila euro per chi dimostra di aver vissuto nell’immobile da almeno un anno, altrimenti di 5 mila. Ma non c’è niente di definito”.

Proprietari nel limbo

Poi ci sono i proprietari che non subiranno un esproprio ma saranno gravati da una servitù, cioè dovranno lasciare la loro casa per consentire l’apertura e il funzionamento dei cantieri, il passaggio dei veicoli, e così via. Dovranno lasciare l’alloggio, ma non si sa per quanto tempo e neppure quanto riceveranno per il disagio.

Sono le persone che si troveranno in un assurdo limbo. “Privati della casa, dovranno cercarsene un’altra fino a che, finiti i lavori, non gli verrà restituita, naturalmente con integra come era in origine – spiega Pietro Patti, Cgil Messina –. E chi ha un mutuo sull’immobile come farà? Potrà estinguerlo grazie all’indennizzo, viene detto. Ma la vera domanda è: potrà accenderne un altro per comprare una nuova abitazione? Le banche ci dicono che non concederanno mutui a persone di 65-70 anni. Inoltre gli agenti immobiliari prevedono che ci sarà una bolla, il costo degli alloggi schizzerà alle stelle e così queste persone si ritroveranno senza casa, senza mutuo e con un mercato pieno di appartamenti inaccessibili perché troppo costosi”.