Figlia di due operai torinesi impegnati nella lotta al fascismo e perseguitati dalla polizia politica (suo papà nel ’21 già faceva parte del Consiglio generale della Camera del lavoro, sua mamma faceva la collettrice per la Fiom), Nella Marcellino trascorre l’infanzia in Francia e successivamente in Belgio.

“Partecipai alle grandi manifestazioni a favore della Repubblica spagnola - ricorderà anni dopo - e a sostegno delle Brigate Internazionali, e mi sentii come immersa nel popolo di Parigi, trascinata da quelli imponenti cortei che riempivano i larghi boulevards e terminavano alla Bastille. E’ in quelle manifestazioni che trovo la mia “vocazione” tra i lavoratori. Con i giovani francesi e gli emigrati italiani di Bagnolet, Montreuil, Paris XX (un arrondissement pieno di emigrati italiani, arabi e africani)”.

Nei primi anni Quaranta Nella partecipa a Parigi alle iniziative contro la guerra nazifascista, conoscendo molti esponenti comunisti italiani emigrati tra i quali Giorgio Amendola, Luigi Longo, Giancarlo Pajetta, Giuseppe Di Vittorio, Arturo Colombi che diventerà suo marito.

A soli vent’anni è tra gli organizzatori degli scioperi del 1943 e, con l’avvio della Resistenza armata, supporta le azioni dei Gap e dei partigiani.

Dirigente della Commissione femminile del Pci a Bologna, la più giovane deputata al Parlamento del 1948, sarà per due volte responsabile della Commissione nazionale femminile del Pci (alla fine del 1948 agli inizi del 1951 e dal 1957 al 1961) e, nel 1951, a Milano, responsabile della Commissione di organizzazione del Partito (nel 1949 fa parte delle delegazione italiana alla I Conferenza europea delle donne per la pace, tenutasi a Berlino).

Durante la sua direzione, girerà l’Italia comprendendo la subalternità materiale e psicologica femminile e promuovendo, in stretta sinergia con l’Udi, varie iniziative per rivendicare il diritto al lavoro femminile, per dare alle donne una legge in grado di tutelarne la maternità (battaglia che vedrà in prima linea Teresa Noce che Marcellino frequentava dai tempi di Parigi), per garantire una rete assistenziale che permettesse alle lavoratrici madri di lasciare i figli in strutture sociali affidabili durante le ore di lavoro, per la parità salariale.

Nel 1961 lascia il lavoro di Partito e si dedica al Sindacato. Prima rappresentando le tabacchine (indimenticabili le sue descrizioni delle loro lotte, non solo per il salario, ma per diritti e dignità), poi entrando nella Segreteria della Filziat, il sindacato delle industrie alimentari, del quale diventerà nel 1969 segretaria generale aggiunta venendo anche eletta presidente dell’Unione internazionale dei sindacati degli alimentaristi e della ristorazione aderenti alla Fsm.

Nell’agosto del 1964 è in ferie con il marito in Crimea. Su indicazione di Luigi Longo è proprio lei, a Yalta, a trascrivere a macchina quello che diventerà uno dei documenti più famosi della storia d’Italia. “Longo mi chiamò e mi disse di andare da lui - racconta nella sua biografia - . Mi consegnò il memoriale scritto a mano, col tipico inchiostro verde che Togliatti usava. Mi chiese di riprodurlo immediatamente a macchina. I sovietici mi accompagnarono in una lunga stanza e mi diedero una macchina da scrivere (una Underwhood piuttosto vecchia con caratteri latini e cirillici)”.

Nel 1970 (dal 20 novembre al 5 dicembre) viaggia per due settimane nel Vietnam bombardato dagli Stati Uniti (delegazione composta dal segretario confederale Aldo Giunti, dal segretario della Camera del lavoro di Milano Pierluigi Perotta, dal segretario della Camera del lavoro di Roma Carlo Bensi e dalla segretaria generale aggiunta della Filziat Nella Marcellino). Ne tornerà con un reportage che pubblicherà su Rassegna Sindacale col titolo A Sud di Hanoi.

Cinque anni più tardi viene eletta segretaria generale della Filtea, il sindacato dei  e delle tessili, sostituendo Sergio Garavini. Dirigerà la Federazione fino al 1986 condividendo fino al 1981 la carica con Ettore Masucci. “Qualcuno mi chiese se non fossi preoccupata, ma io, con non poca presunzione, risposi «Dovrebbe essere Ettore Masucci a preoccuparsi!»”, racconterà anni dopo.

Dirige i e le tessili fino al 1986, battendosi contro il lavoro nero, contro lo sfruttamento del lavoro nero a domicilio e contro le ‘esternalizzazioni’. Da sempre dirigente dell’Anpi, dal 1986 al 1992 è vice presidente dell’Inca e fino al 1995 consigliere del Cnel. Si spegnerà a Roma, a 88 anni, nella notte tra il 22 e il 23 luglio 2011.

Nella “non era una femminista e all’epoca non c’erano le  quote rosa - scriveva poco dopo la sua morte sul proprio blog Bruno Ugolini - Era però una che, con la sua capacità ironica,  non temeva i maschi del Novecento. Ed erano maschi  della stoffa di Togliatti, Longo, Secchia, Amendola, Pajetta, Cossutta. Credeva in quella che allora si chiamava “emancipazione”. (…) Ha anticipato un processo che via via ha investito la sinistra politica e il sindacato”.

“Una giovane povera. Ribelle. Libertaria. Sindacalista. Comunista per diritto di famiglia. Mai pentita” nella definizione di Maria Rosa Calderoni.

“Le donne come lei - scriverà Fausto Bertinotti - si erano chiamate ‘rivoluzionarie di professione’. La politica, il movimento operaio, il Pci, la Cgil sono state per loro una scelta di vita, una scelta che la vita ha riempito di senso e di significato. Mi é capitato di andare a trovare Nella quando giaceva in un letto d’ospedale; quella scelta ancora riempiva la sua vita. Viveva allora una dignitosa solitudine, rotta dalla cura di un compagno premuroso. Non era dato di poter sapere quanto ne soffrisse. Il riserbo, il nascondimento dei propri sentimenti facevano parte di quella stessa storia come se volessero esprimere una sorte di totale dedizione alla comunità di appartenenza. Nella faceva parte di quella schiera di donne forti, di dirigenti comuniste che hanno avuto un ruolo importante nella Cgil e nel Partito comunista, da Teresa Noce a Lina Fibbi. Venivano dalla Resistenza, dalla lotta di Liberazione da cui traevano una straordinaria legittimazione come dirigenti del movimento operaio”1.

 “Se oggi possiamo definire con orgoglio la Cgil un’associazione di donne e di uomini lo dobbiamo anche a lei”, diceva il giorno dei funerali l’allora segretaria generale Susanna Camusso. “Nella Marcellino era una ‘capa’ che ha vissuto tre vite, quella di esule a Parigi e partigiana durante il fascismo, quella da dirigente politica nelle fila del Partito comunista e infine quella di grande dirigente sindacale, prima con le tabacchine poi con le lavoratrici tessili. Nella è stata protagonista di molte lotte sindacali, alcune delle quali si sono poi tradotte in leggi: dalla battaglia per la parità salariale tra uomini e donne, alle norme per la tutela della maternità. Aveva la capacità di ascoltare e di imparare ed ha dedicato tutta la sua vita alla promozione del cambiamento”.

 

“Una signora gioviale e chiacchierona, sempre fornita di caramelle e cioccolatini per i suoi piccoli ospiti” (così la ricorda Maria Luisa Righi) alla quale noi tutti e noi tutte dobbiamo molto...



1  Fausto Bertinotti, Nella Marcellino, una «rivoluzionaria di professione», il manifesto, 26 luglio 2011.