Appena firmato dal presidente della Repubblica Mattarella prima del suo passaggio al Senato, il “decreto Caivano” ha trovato subito applicazione ad Ancona nei confronti di un quindicenne, ritenuto già colpevole di delitti contro “la personalità dello Stato e della fede pubblica”, oltre che più volte fermato per consumo e spaccio di stupefacenti.

Viene da chiedersi se questo inasprimento di provvedimenti nei confronti di minori abbia una sua validità, a partire dall’“avviso orale” e l’accertamento di responsabilità delle famiglie, o se invece non si tratti dell’ennesima operazione di governo, partita direttamente dalla presidenza del Consiglio, per mostrare i muscoli senza intervenire realmente nella complessità della questione.

Su questi temi abbiamo interpellato Maria Teresa Spagnoletti, giudice del Tribunale dei minorenni di Roma, presidente del Collegio dibattimentale penale e magistrato di sorveglianza, da sempre in prima linea per la difesa dei diritti dei minori e la loro tutela giurisdizionale. Tra i suoi scritti ricordiamo Il mio territorio finisce qui. Vite di minori tra il reato e la pena, pubblicato da Futura editrice nel 2019, oggi più che mai di stringente attualità.  

Professoressa Spagnoletti, che idea si è fatta degli episodi di violenza minorile registrati nell’ultimo periodo?
Il problema della violenza minorile è sempre esistito, ma ogni tanto se ne parla di più, in particolare quando accadono fatti di cronaca più eclatanti. Ma non credo assolutamente che la repressione sia lo strumento adatto a evitare queste forme di violenza, che guarda caso capitano nelle realtà più degenerate, degradate e abbandonate, dove manca un intervento dello Stato per aiutare i ragazzi a crescere in modo adeguato e corretto.

Cosa bisognerebbe fare, allora?
Sarebbe necessario, invece che reprimere o aumentare le pene, ricomporre e promuovere un sano lavoro di prevenzione, educazione e sostegno alle famiglie. Almeno questo è ciò che racconta la mia esperienza di tanti anni a contatto con queste realtà.

Perché si ricorre a provvedimenti come il cosiddetto “decreto Caivano”, invece di lavorare più e meglio sui processi di rieducazione e recupero?
Perché è più difficile operare in questo senso, richiedendo un maggior investimento sotto tutti i punti di vista, Per chi governa è molto più facile chiudere un minore in cella piuttosto che aiutarlo a crescere e recuperare un rapporto sano con la collettività. Non vorrei essere facile profeta, ma credo che la strada dell’inasprimento delle pene non porterà ai risultati auspicati.

In tutto questo, nell’escalation di violenza di minori su minori cui assistiamo, quale e quanta deve considerarsi la responsabilità da parte degli adulti?
Le responsabilità sono quasi esclusivamente appartenenti alla società degli adulti, per diversi motivi. Ed è soltanto recuperando il nostro ruolo che possiamo invertire questa tendenza, a cominciare dai genitori, ricominciando a essere di nuovo in grado di dire dei “no”, spronando i ragazzi a fare ciò che si deve fare, senza girarsi dall’altra parte o facendo finta di niente.

E la scuola?
In questo senso un ruolo centrale lo ha anche la scuola, e dunque fondamentale sarebbe dedicarsi più e meglio, come istituzioni, al dramma della dispersione scolastica, che nel nostro Paese tocca la doppia cifra. Se un ragazzo è “difficile” non bisogna indirizzarlo verso la strada dell’emarginazione, ma cercare di inserirlo il più possibile nel contesto entro cui vive. Recuperare un minore alla vita, donargli un’esistenza serena, è un dovere di tutti.

Nel suo libro “Il mio territorio finisce qui” si raccontano storie di ragazzi e ragazze, alcune a lieto fine, altre decisamente meno. C’è un legame che le unisce?
Il filo conduttore del volume è il racconto di un’umanità sconosciuta, che troppo spesso viene ridotta a fatti di cronaca, dove dominano la curiosità del dettaglio, il richiamo all’allarme sociale, la reazione delle vittime e delle loro famiglie, le sentenze emesse dai giudici. Mentre le storie individuali, e i percorsi di vita che i minori colpevoli di reati hanno intrapreso durante la loro breve esistenza, vengono messi del tutto a margine, Come troppo spesso accade a loro.