La notte del 1° ottobre 1975 una Fiat 127 bianca è stata parcheggiata in Via Pola a Roma. Dal portabagagli della macchina arrivano dei lamenti femminili. Qualcuno chiama i carabinieri. Il portellone posteriore dell’auto viene forzato e aperto. 

All’interno ci sono due  donne, Donatella Colasanti e Rosaria Lopez. Donatella è viva, Rosaria purtroppo no.

Hanno 17 e 19 anni. Sono state violentate, torturate e in un caso uccise da Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira, tre giovani pariolini legati agli ambienti neofascisti della capitale.

“Tutto è cominciato una settimana fa con l’incontro con un ragazzo all’uscita del cinema che diceva di chiamarsi Carlo - racconterà Donatella - lo scambio dei numeri di telefono e la promessa di vederci all’indomani insieme ad altri amici. Con Carlo così, vengono Angelo e Gianni, chiacchieriamo un po’, poi si decide di fare qualcosa all’indomani, io dico che non avrei potuto, allora si fissa per lunedì. L’appuntamento è per le quattro del pomeriggio. Arrivano solo Angelo e Gianni, Carlo, dicono, aveva una festa alla sua villa di Lavinio, se avessimo voluto raggiungerlo… ma a Lavinio non arrivammo mai. I due a un certo punto si fermano a un bar per telefonare a Carlo, così dicono; quando Gianni ritorna in macchina dice che l’amico avrebbe gradito la nostra visita e che andassimo pure in villa che lui stava al mare. La villa era al Circeo e quel Carlo non arrivò mai. I due si svelano subito e ci chiedono di fare l’amore, rifiutiamo, insistono e ci promettono un milione ciascuna, rifiutiamo di nuovo. A questo punto Gianni tira fuori una pistola e dice: ‘Siamo della banda dei Marsigliesi, quindi vi conviene obbedire, quando arriverà Jacques Berenguer non avrete scampo, lui è un duro, è quello che ha rapito il gioielliere Bulgari’. Capiamo che era una trappola e scoppiamo a piangere. I due ci chiudono in bagno, aspettavano Jacques. La mattina dopo Angelo apre la porta del bagno e si accorge che il lavandino è rotto, si infuria come un pazzo e ci ammazza di botte, e ci separano: io in un bagno, Rosaria in un altro. Comincia l’inferno”.

Un inferno che Donatella, unica sopravvissuta, denuncia assistita da Tina Lagostena Bassi, l’avvocata delle donne. Quella stessa Tina Lagostena Bassi che in Processo per stupro, il primo processo ripreso dal vivo dalle telecamere Rai nel tribunale di Latina, difenderà nel 1979 una giovane vittima di stupro non solo dagli artefici della violenza, ma anche - forse soprattutto - dai loro legali.

Una storia destinata a ripetersi.

La difesa di Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira è tutta incentrata sulla presunta inaffidabilità della Colasanti. 

“Lo sapevamo: prima o poi doveva accadere” - è sulla stampa il commento dei parenti e amici di Rosaria, la ragazza uccisa - “Era una brava ragazza ma da qualche tempo era cambiata”. “Cercava in questo modo di uscire da un periodo di depressione che un anno fa l’aveva portata a tentare il suicidio - è la descrizione che i media fanno di Donatella - Forse sperava di trovare in quel giro un altro principe azzurro, dopo che il primo grande amore l’aveva lasciata e allora tentò di morire”. “Se le ragazze fossero rimaste accanto al focolare, dove era il loro posto - dirà nella sua arringa finale l’avvocato di Gianni Guido, Angelo Palmieri - se non fossero uscite di notte, se non avessero accettato di andare a casa di quei ragazzi, non sarebbe accaduto nulla”.

La sentenza arriva il 29 luglio 1976: ergastolo per Gianni Guido e Angelo Izzo, ergastolo in contumacia per Andrea Ghira.

Ghira non sarà mai rintracciato e Gianni Guido sconterà appena 22 anni di carcere. Nel dicembre 2004 Angelo Izzo otterrà la semilibertà dal carcere di Campobasso su disposizione dei giudici di Palermo. Il 28 aprile 2005 ucciderà di nuovo.