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Dopo oltre due mesi di iter parlamentare, un lungo braccio di ferro con la Commissione europea e ben tre voti di fiducia consecutivi, è stata finalmente approvata la Legge di bilancio. Tra maxiemendamento ed emendamenti micro-settoriali, il deficit viene ridimensionato, la parte economica della manovra ridotta e il quadro finanziario diventa più restrittivo.
“Una manovra senza visione, lontana dallo spirito della Repubblica fondata sul lavoro, distante dall’idea di sviluppo delle economie più avanzate”, è il primo commento della Cgil al testo. “Il ciclo economico sfavorevole – scrive il sindacato di Corso d’Italia - pesa su una ripresa debole, ridimensionando il quadro macroeconomico e le previsioni di crescita, ma il governo non aumenta gli investimenti e non crea lavoro”.
L’esecutivo infatti, “pur consapevole”, “ha sbagliato le previsioni di crescita del Pil, e ora è costretto a una revisione al ribasso: dall’1,2 all’1,0 per cento nel 2018; dall’1,5 all’1,0 per cento il prossimo anno”. La strategia gialloverde, però, “non si fonda su un vero rilancio degli investimenti pubblici (ridotti del 30% in 10 anni), del lavoro (ancora con 1 milione di posti in meno rispetto al 2008) e dello sviluppo (su cui ci sarebbero ampi margini di investimento, a partire dalle infrastrutture sociali, materiali e immateriali, logistiche e viarie, energetiche e digitali, ambientali e culturali)”. Anzi, tra minore crescita del Pil nominale e minor deficit alla manovra, “mancano oltre 10 miliardi di euro rispetto alla prima versione”, determinando “tagli al welfare, all’istruzione e ai servizi pubblici e i nuovi condoni”.
La lunga discussione con le istituzioni europee, tra l’altro, condotta “in modo poco costruttivo, senza un’idea dell’Europa per la pace, il benessere e lo sviluppo”, ha prodotto due vincoli ulteriori per evitare la procedura di infrazione: una sorta di “caparra” di 2 miliardi di euro che non si potranno spendere se non dopo verifica dei conti pubblici per il 2019; e un aumento delle clausole di salvaguardia per un totale di 23 miliardi per il 2020 e di quasi 29 miliardi per il 2021. Si tratterà, per i prossimi due anni, delle più elevate clausole dai tempi della loro introduzione.
Il governo, per la Cgil, in realtà, “avrebbe potuto prevedere nuove entrate strutturali”, innanzitutto dalla lotta all’evasione e alla corruzione, invece sono arrivati “nuovi tagli della spesa e un altro ‘pilota automatico’ dell’austerità per i prossimi anni”. La riduzione di spesa rispetto alla prima ipotesi presentata alla Camera è di circa 8,6 miliardi di euro, di cui 5 miliardi di spese correnti, a partire dalla due misure “bandiera”, a cui si aggiungono 400 milioni per il blocco dell’indicizzazione delle pensioni, “una misura iniqua oltre che sbagliata”.
Tra l’altro, fa notare il sindacato, nel testo “non sono previste risorse sufficienti per i contratti pubblici (1,7 miliardi per tre anni)” e non c’è “nessuna riforma organica degli ammortizzatori sociali”. È assente poi la politica industriale: “si riducono le risorse per investimenti e ricerca, pur mettendo in campo una serie di misure di sistema positive per accelerare gli investimenti”. Il grande assente della manovra, però, è il Mezzogiorno. Per la Cgil, “ci sono tagli consistenti alle risorse, agli incentivi e solo misure ‘simboliche’ che non cambiano il tratto delle politiche di coesione”. Rimane poi il giudizio negativo sulla “flat tax” degli autonomi, che è in realtà “l'estensione del regime dei forfetari che, sganciato dai soli contribuenti giovani o a basso reddito”, e diventa “uno strumento di diseguaglianza tra i lavoratori autonomi, e fra questi e i dipendenti”. Il meccanismo ideato per evitare passaggi da lavoro dipendente ad autonomo penalizzerà inoltre i lavoratori “costretti dal datore di lavoro ad aprire una partita Iva”.
In conclusione, quella presentata dal governo per la Cgil è, “una manovra senza futuro”. Si è scelto di dare “risposta al consenso elettorale con le due misure simbolo che però sono ancora solo dei titoli (Quota 100 e Reddito di cittadinanza)”. Sul versante pensioni, però, si può già affermare che “si tratta di un intervento parziale”, mentre per il Reddito di cittadinanza saranno sicuramente “utilizzate le risorse del Reddito di inclusione” ed ha “un carattere confuso, quantomeno ibrido”. Quella del governo gialloverde, in sostanza, è una manovra che “rischia di recare danno al futuro del Paese e senza un’idea di prospettiva neanche a breve termine”. Ciò che si determina è “una pesante ipoteca sulle prossime leggi di bilancio (2020 e 2021) che avranno spazi di manovra limitatissimi”. Il punto centrale, per la Cgil, è proprio questo: “non solo mancano le risposte oggi alle rivendicazioni della piattaforma unitaria dei sindacati, ma rischiano di mancare anche nei prossimi due anni”.