IL’Ottavo Congresso della Federazione Giovanile Socialista - recita la mozione - dinanzi ai risultati del XVIII Congresso del Partito Socialista Italiano ed alla costituzione del Partito Comunista d’Italia, sezione dell’Internazionale Comunista, confermando la propria adesione all’Internazionale della gioventù Comunista, delibera di ritirare la propria adesione al Partito Socialista Italiano per aderire, in conformità agli statuti internazionali, al Partito Comunista d’Italia; dichiara di mutare il nome della propria organizzazione in quello di Federazione Giovanile Comunista Italiana”.

Dopo la clandestinità seguita all’affermazione del fascismo e la partecipazione, durante la Resistenza, dei giovani comunisti ad organizzazioni unitarie come il Fronte della Gioventù, la Fgci si ricostituisce nel secondo dopoguerra.

Dal 29 marzo al 2 aprile 1950 si svolge proprio Livorno il Congresso di ricostituzione.

Alla guida della Federazione viene nominato Enrico Berlinguer, che dirigerà l’organizzazione fino al 1956.

“L’incarico di ricostituire la Federazione giovanile - scriveva Chiara Valentini - la gloriosa Fgci che è stata guidata negli anni Venti e Trenta da Longo e Secchia, non è una responsabilità da poco. È certamente l’esperienza più importante e formativa che si trovi a vivere Berlinguer. Per il futuro segretario del Pci è in qualche modo una prova generale di quel che dovrà affrontare anni dopo. A meno di trent’anni Enrico è a capo di un’organizzazione che nei momenti più felici arrivò ai 460.000 iscritti”.

Fino al 1990 la Fgci (si scioglierà nel dicembre 1990, due mesi prima del Partito, votando con maggioranza del 72,5% la mozione di Gianni Cuperlo per la nascita della Sinistra giovanile) sarà una palestra di formazione politica, a livello nazionale e locale, per tantissimi giovani. 

Giovani con i quali Berlinguer costruisce un rapporto di affetto e fiducia che rimarrà sempre preferenziale durante tutta la vita del segretario e anche dopo la sua morte. 

Un rapporto che si riflette, in maniera potente, nel discorso ai giovani e sui giovani pronunciato dal segretario comunista il 18 aprile 1982. 

“Bisogna riflettere - dirà - su alcune caratteristiche peculiari dell’epoca in cui viviamo e pensare ai problemi che cominciano a porsi come decisivi per i prossimi due decenni fino e oltre il duemila; nel periodo cioè in cui vivranno e raggiungeranno la maturità i giovani di oggi. A questa soglia dello sviluppo storico si presentano problemi non solo del tutto nuovi, cosa che è accaduta in varie epoche del cammino dell’umanità, ma di portata tale da generare possibilità e pericoli straordinari e sin qui impensati e impensabili. (…) La nuova tappa della rivoluzione scientifica e tecnologica è sotto i nostri occhi, fa già parte delle nostre esistenze e per i giovani di oggi costituisce, ormai, quasi una condizione naturale e scontata. Ma proprio perciò occorre riflettere bene intorno alle occasioni offerte dalla scienza per non smarrirne il significato e la portata, per cogliere bene quali prospettive positive possono essere aperte e quanto gravi siano, di contro, le limitazioni, le contraddizioni, i rischi generati dai vincoli sociali e politici e da un uso distorto delle scienze e delle tecniche. (…) Insieme alle conoscenze generate dalla presenza nel generale moto di innovazione e di lotta, a determinare una modificazione delle coscienze, non mai così estesa e così rapida, è venuto uno straordinario aumento della informazione che, pur dando vita anche a forme nuove e più sofisticate di manipolazione delle coscienze, ha spezzato isolamenti e chiusure talora antichissime e ha determinato per la prima volta nella storia del mondo un autentica contemporaneità degli eventi. (…) Non è mai stato facile essere comunisti. L’assassinio di compagni Pio La Torre e Rosario Di Salvo sono la prova più recente che non è neppure mai finito il tempo in cui bisogna testimoniare persino con il sacrificio estremo la propria fedeltà alle grandi idee per cui tanti dei nostri compagni sono caduti. Ma vi sono oggi difficoltà anche meno aspre e più impalpabili, date dal fatto che i problemi si presentano in forma diversa e più complessa che per il passato, perché le contraddizioni medesime della società tendono ad essere non più solo quantitative ma a riguardare la qualità dello sviluppo, della vita, del modo di esser donne e uomini, del rapporto tra individuo e individuo, tra individuo e società. Vi è, per esempio, un bisogno più grande che per il passato di veder pienamente utilizzato il proprio tempo e il proprio contributo. Non possiamo perciò rammaricarci se tanta attività dei partiti, effettivamente ripetitiva, non viene seguita. Ma vi è anche più informazione, più spirito critico, più avvertita vigilanza contro i luoghi comuni, e le frasi fatte. Ecco perché certo vecchio modo di fare politica oramai respinge nel mentre si sviluppa una spinta grande all’associazionismo, a forme nuove di aggregazione, a nuovi interessi (…) Lo sviluppo nuovo e impetuoso di queste antiche e nuove forme di aggregazione ci insegna tante cose: non certo che si può fare a meno delle lotte (fra le quali oggi hanno portata decisiva quella per respingere l’offensiva della Confindustria). Né si può fare a meno dello Stato o della mano pubblica - come qualche teorico, anche di parte cattolica, suggerisce - ma certo che bisogna prendere posizione contro lo statalismo burocratico, che bisogna essere capaci di vedere le risorse autonome della società e saperle valorizzare in un dialogo continuo tra istituzioni democratiche e sollecitazioni che vengono direttamente dalla società (…)”.

“Se i giovani si organizzano - Berlinguer era solito dire - si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull’ingiustizia”.

“Il riscatto e la liberazione dei giovani  - diceva il segretario a Moby Dick, mensile della Fgci siciliana nel giugno 1981 - pre¬suppone un impegno individuale, della singola persona, il rispetto delle sue propensioni e vocazioni, delle sue specifiche preferenze e aspirazioni personali nei vari campi: ma si rea¬lizza pienamente e duraturamente solo attraverso uno sforzo collettivo, un’opera corale, una lotta comune. Insomma ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno”.

Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno. 

Tutte e tutti.

Oggi come ieri. 

Giovani e non.