Del tutto in controtendenza con quanto accade, la Cgil ha deciso di promuovere una discussione approfondita, duratura e aperta sulle ipotesi di riforme che la maggioranza ha messo sul tavolo. La ragione è semplice e la illustra Christian Ferrari, segretario confederale della Confederazione: “Non solo vogliamo rilanciare la posizione della nostra organizzazione rispetto ai temi che sono al centro anche dell'attualità e del dibattito politico e che riguardano in particolar modo gli assetti costituzionali e istituzionali. Ma, siccome riteniamo che la partecipazione sia alimento della democrazia, pensiamo che su temi così rilevanti vada aperta una discussione la più ampia e coinvolgente possibile. Il rischio che vediamo, infatti, è che il combinato disposto di autonomia e presidenzialismo prefiguri addirittura un superamento della Carta costituzionale del 48”.

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Il presidenzialismo

Non è ben chiaro quale sia il modello che sarà alla base della riforma che la ministra Casellati porterà in Consiglio dei ministri, certo è che una riforma di tal fatta comporterebbe inevitabilmente una cesura con il modello istituzionale che fin qui abbiamo conosciuto spostando il baricentro dal Parlamento come sede della rappresentanza e della sovranità popolare, al presidente direttamente eletto. Riflette Ferrari: “Siamo convinti che non sia quella la direzione giusta per affrontare la crisi della democrazia che certamente attraversa il Paese”.

La crisi c’è ed è democratica

Basti pensare al tasso di astensionismo che si è registrato, ad esempio, alle ultime elezioni per capire che il problema reale è la scarsa partecipazione di cittadini e cittadine che si traduce in crisi di rappresentanza. E allora il luogo della rappresentanza andrebbe, caso mai, rafforzato e non indebolito ulteriormente dopo anni di ricorso alla decretazione d'urgenza e alla questione di fiducia e dopo il taglio dei parlamentari. Aggiunge il segretario: “Non si può rispondere alla crisi della rappresentanza svuotando le sedi dove questa si esprime, verticalizzando e concentrando il potere”.

L’autonomia differenziata

Se quella del presidenzialismo è una riforma costituzionale e quindi prevede tempi relativamente lunghi, quella dell’autonomia invece si realizza con legge ordinaria e vista la maggioranza, se c’è la volontà politica, più rapida da approvare. Aggiunge Ferrari: “Se a questa idea di presidenzialismo si sommasse un rilancio dell'autonomia differenziata così come delineato dal ministro Calderoli, si creerebbe un combinato disposto davvero insostenibile per la tenuta non solo istituzionale, ma anche di coesione sociale  del Paese”. E se il buongiorno si vede dal mattino siamo davvero messi male.

I livelli essenziali delle prestazioni

Da tempo la Confederazione di Corso d'Italia sostiene che prima di cominciare anche a ragionare di autonomia occorre definire e finanziare i Lep, cioè gli interventi, i servizi, le prestazioni, le attività  che rendono i diritti di cittadinanza  esigibili su tutto il territorio nazionale. Bene, con la manovra di bilancio, in maniera surrettizia si è ribaltato tutto ciò, sostanzialmente riducendo i Lep alla fotografia dei servizi e prestazioni che attualmente esistono sul territorio con i  finanziamenti dati. Esattamente il contrario di ciò che serve. Così, invece di ridurre i divari sociali e tra territori li si cristallizzerebbe e quindi amplierebbe.

Cosa bisognerebbe fare

“La questione – sottolinea il dirigente sindacale - non è solo dire di no a un'idea di autonomia differenziata che mette in discussione l'unità  del Paese. Il tema è andare nella direzione opposta rispetto a quella voluta dal governo. Ovviamente non difendiamo l'esistente, ma chiediamo vengano messe in campoquelle scelte di natura istituzionale, di politiche economiche e sociali che invertano questa tendenza e diano il senso di un Paese che invece punta a ridurre le disuguaglianze e a promuovere la rappresentanza democratica”.

Ma c’è un rischio ancor più grave

Se dal punto di vista sociale ed economico ridurre i divari, tra donne e uomini, giovani e anziani, tra regioni e territori è l’obiettivo fondamentale, dal punto di vista generale la questione è delicata. Dice ancora Ferrari: “Presidenzialismo e autonomia sono due facce della stessa idea di Paese e di democrazia che riduce gli spazi di partecipazione a una sorta di plebiscitarismo. Dalla crisi di rappresentanza crediamo, invece, si debba uscire rafforzando di strumenti e i luoghi di partecipazione. Insomma si sta discutendo di quale idea di Paese si ha, e noi pensiamo sia quella delineata dai principi fondamentali e dall'ordinamento della Costituzione che lascia al presidente della Repubblica il ruolo di figura terza e di garanzia, tanto più in questa situazione di crisi, è fondamentale”.

L’iniziativa

Aprire il confronto, allora, con altre forze e altri soggetti sociali va proprio nel senso di promuovere la partecipazione, tanto più quando si tratta dell’assetto istituzionale e democratico. Questo è tanto più vero proprio quando il tentativo è quello di riformare la Carta e, per quanto riguarda l’autonomia, senza quasi passare dal Parlamento.

Tutto ciò è al centro di un confronto promosso dalla Cgil oggi, 20 gennaio. L’appuntamento è per le 10, ad aprire i lavori Christian Ferrari: con lui si confronteranno Gaetano Azzariti, presidente dell’Associazione Salviamo la Costituzione; Serena Sorrentino, segretaria generale della Fp Cgil; Mario Pianta, Scuola Normale Superiore; Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil Puglia; Tiziana Basso, segretaria generale Cgil Veneto; Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale; Francesco Sinopoli, segretario generale Flc Cgil; Rosy Bindi, presidente onorario dell’Associazione Salute diritto fondamentale. Modera Giordana Pallone, coordinatrice area stato sociale e diritti della Cgil. Conclude i lavori Maurizio Landini, segretario generale della Cgil. La diretta su Collettiva.it

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